Come canta lo Spazio?

NASA's Goddard Space Flight Center Mary Pat Hrybyk-Keith
NASA’s Goddard Space Flight Center Mary Pat Hrybyk-Keith

“Nello Spazio nessuno può sentirti urlare”. La frase poco tranquillizzante compariva nel trailer del famosissimo film “Alien” di Ridley Scott e aveva sicuramente ragione, almeno per quanto i suoni udibili dalle nostre orecchie. Lo Spazio, però, è un luogo sicuramente vuoto ma altrettanto certamente non silenzioso, se sai cosa ascoltare. Volendo citare anche Simon & Garfunkel, gli scienziati della Nasa e dell’Università dell’Iowa sono riusciti a rendere udibile anche il suono del silenzio. Ci sono riusciti attraverso la conversione dei segnali ricevuti dalle sonde due gemelle impegnate nella Van Allen probes mission che, appunto, stanno studiando le fasce di Van Allen, due zone di particelle cariche che avvolgono la Terra confinate in una zona di plasma a forma di ciambella dal campo magnetico del nostro pianeta.

Un fiume impetuoso di elettroni, protoni e atomi ionizzati che scorre seguendo le spire dal magnetismo terrestre e che risponde con moti estremamente dinamici alla spinta del vento solare e della radiazione cosmica di fondo. Il risultato è il rilascio di onde elettromagnetiche che gli strumenti a bordo delle sonde della Nasa sono in grado catturare consentendo poi ai ricercatori sulla Terra di elaborarle rendendole ascoltabili dall’orecchio umano.

A ogni tipo di fluttuazione corrisponde un diverso tipo di suono. Rumori alieni che possono essere paragonati a cinguettii e canti di grilli molto terrestri. L’interpretazione è stata data Craig Kletzing, professore di astrofisica presso l’Università dell’Iowa.
Questo che segue è il suono ricavato dalla registrazioni ottenute dallo strumento Emfisis (Electric and magnetic field instrument suite and integrated science) durante il transito negli strati interni della plasmasfera e traduce il rimbalzo delle onde elettromagnetiche ad alta frequenza

Sempre attraverso Emfisis è stato registrato un suono diverso. Quello che deriva dal flusso di elettroni che scorre spinto dal vento solare lungo le spire del campo magnetico dal lato in ombra della Terra. Le sezioni più acute di questa registrazione corrispondono ai rilasci di energia dovuti all’interazione tra gli elettroni presenti in questa zona nel momento in cui tornano verso la plasmasfera interagendo con le particelle ad alta energia che vi si trovano.

Queste registrazioni, oltre ad avere un indubbio fascino per un ascoltatore “profano”, hanno un importante significato per gli scienziati della Nasa. Comprendere meglio la meteorologia spaziale vuol dire infatti imparare a prevederla, potendo mettere in campo tecnologie e contromisure per proteggere i satelliti scientifici e per telecomunicazioni che possono subire danni e malfunzionamenti attraversando gli strati di plasma.

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