All’origine degli acufeni

acufeni
(Foto via Pixabay)

L’acufene, ovvero la percezione di ronzii o fischi in assenza di sorgenti reali, esterne o interne all’orecchio, è un disturbo abbastanza frequente: colpisce tra il 10 e il 30% della popolazione mondiale. Se le forme più lievi possono essere tollerate o trattate, nei casi più gravi l’acufene può risultare invalidante, impedendo la normale alternanza sonno-veglia e determinando serie difficoltà di concentrazione. Essendo la percezione del rumore soggettiva e quindi non misurabile attraverso strumenti, le origini dell’acufene restavano molto difficili da determinare. Oggi però uno studio condotto nell’Università dell’Illinois a Urbana-Champaign e pubblicato sulla rivista Neuroimage: Clinical ha permesso di localizzare la regione del cervello dalla quale si origina l’acufene: il precuneo.

Il precuneo è situato tra i due emisferi, nel lobulo parietale superiore, e si comporta come un hub che connette la rete dorsale dell’attenzione, quella che si attiva quando siamo coinvolti in un’attività che richiede appunto attenzione, e la rete di “default mode”, che invece gestisce le attività di base del cervello quando siamo svegli ma non concentrati, ad esempio quando “sognamo ad occhi aperti” o quando “non pensiamo a niente”. In condizioni normali, le due reti non sono attive contemporaneamente, essendo le loro funzioni complementari.

Le immagini di risonanza magnetica funzionale ottenute all’Università di Urbana-Champaign hanno evidenziato come proprio nel precuneo si concentrino le maggiori differenze tra i diversi soggetti che hanno perso parte allo studio: un totale di 57 adulti affetti da acufene, di livello moderato o fastidioso, di recente comparsa o persistente, più due gruppi di controllo, uno con udito normale e l’altro di soggetti non udenti.

I ricercatori dell’Illinois hanno osservato inoltre che nei pazienti affetti da acufene cronico e fastidioso il precuneo mostra maggiori connessioni con la rete dorsale e minori con quella di “default”. Nei pazienti in cui l’acufene è comparso più recentemente (tra sei mesi e un anno) lo sbilanciamento nelle due connessioni non è altrettanto significativo e anzi le funzionalità sono molto simili a quelle nei soggetti di controllo. L’alterazione del network neurale intorno al precuneo spiegherebbe come mai nei soggetti per i quali l’acufene è più acuto non si determina mai un vero stato di riposo.

In futuro, gli scienziati si propongono di monitorare nel tempo l’evoluzione delle anomalie connettive del precuneo, nei pazienti in cui l’acufene si è manifestato recentemente, per scoprire quando le modificazioni diventano significative e permanenti. L’obiettivo è aprire la strada a trattamenti più efficaci contro questa condizione.

Riferimenti: NeuroImage: Clinical

1 commento

  1. Vi auguro di tutto cuore di riuscire nel dare sollievo. Ci sono giorni che si pensa a soluzioni definitive. Non si può resistere a tanta sofferenza. Con tutto ciò sono ancora qui, la paura è tanta, non si ha più vita normale, si diventa reclusi in casa propria, e si è molto cattivi a volte perchè nessuno capisce. Che Dio vi benedica nel vostro lavoro. Clara.

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