Emergenza acqua, cosa rischia il lago di Bracciano

bracciano
(Credit: Andrea Gentile)
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(Credit: Andrea Gentile)

1.100 litri di acqua al secondo prelevati per rimpolpare la rete idrica della capitale e la pioggia che latita da mesi. La ricetta di un disastro, che sta portando al collasso uno dei più importanti bacini vulcanici della penisola: il lago di Bracciano. E mentre in questo agosto interminabile la regione Lazio e il comune di Roma si davano battaglia, il lago continuava a peggiorare.

Oggi il livello delle acque ha raggiunto il record negativo, oltre un metro e 80 al di sotto dello zero idrometrico: il valore più basso registrato nell’ultimo secolo. Sulle responsabilità, ovviamente, ci sarà tempo per interrogarsi più avanti (così come sul doppio ruolo giocato dal Campidoglio, che del lago dovrebbe essere anche garante in qualità di Presidente del consorzio lago di Bracciano). Quel che conta, oggi, è che il lago, il suo ecosistema e tutte le comunità che vi gravitano intorno sono in pericolo.

Con buona pace di Acea, la colpa è riconducibile per buona parte ai prelievi della multiutility capitolina.

Si calcola infatti che caldo e siccità abbiano influito sui livelli delle acque per non più del 30/40%. Il che lascia le responsabilità maggiore per l’abbassamento ai prelievi di Acea. Anche se, paradossalmente, neanche sul calcolo di questo abbassamento ci si riesce a mettere d’accordo. Acea infatti calcola lo zero idrometrico (l’altezza media delle acque del lago) prendendo come riferimento l’antico acquedotto Traiano Paolo, mentre la maggior parte degli esperti indica la quota a cui il lago inizia a riversarsi nell’Arrone (un effluente del lago) come misurazione più corretta.

Una diatriba che ha delle conseguenze sostanziali, visto che la differenza di altezza tra i due punti di riferimento è di più di un metro.

Ma anche senza calcoli e misurazioni, basta un colpo d’occhio per rendersi conto che le acque del lago si sono ritirate oltre i livelli di guardia. “Nella mia esperienza non ho mai visto il lago con un danno così esteso”, conferma a Wired Loreto Rossi, professore ordinario di Ecologia della Sapienza che da anni studia l’ecosistema e l’ambiente del lago di Bracciano. “Le acque si sono visibilmente ritirate. Metri di fondale ora scoperti si sono trasformati in un’ampia zona paludosa, e sono state colonizzate da vegetazione e specie animali tipiche di questo nuovo ambiente”.

Segnali – spiega l’esperto – di quella che viene definita successione idrarca: la progressiva trasformazione di un ambiente lacustre in uno terrestre. Un processo che può essere assolutamente naturale, ma che impiega solitamente secoli per giungere a compimento, e non una manciata di mesi come avvenuto a Bracciano. “Ormai sulle rive ci trovi anche le piante di pomodoro – prosegue Rossi – e quando la vegetazione terrestre si è stabilizzata, anche con il ritorno delle acque all’altezza normale ci vogliono anni per riportare l’ecosistema allo stato originale”.

E i pericoli non si fermano qui. Gli squilibri innescati dal prosciugamento delle acque alterano l’ecosistema lacustre a più livelli: favoriscono la diffusione di pesci invasivi e li avvantaggiano nella competizione con quelli locali, compromettono la vegetazione sommersa (che comprende l’alga endemica Isoëtes sabatina), e provocano squilibri anche nella zone più profonde – il lago raggiunge una profondità massima di 165 metri – abitati da microorganismi che svolgono un ruolo essenziale per depurare le acque.

Il delicato equilibrio di questo ambiente a suo modo unico rischia insomma di essere compromesso. E i danni a lungo termine, avverte l’esperto, non sarebbero solo a carico della biodiversità del lago. “Quello che bisogna capire è che si tratta di un lago, e non di un semplice bacino idrico, o reservoir – sottolinea Rossi – la differenza è che un ecosistema lacustre offre servizi ecosistemici, cioè funzioni utili all’uomo come la pesca, il turismo e la denitrificazione che mantiene le acque pulite”. E quando l’ecosistema va in crisi, a farne le spese sono tutte le comunità della zona. “Già oggi – conclude l’ecologo – si può notare che la pesca nel lago è in crisi: pesci pregiati come il luccio scarseggiano fortemente, mentre abbondano specie invasive come il boccalone, o persico trota (Micropterus salmoides), che ha un valore organolettico molto inferiore e caratteristiche trofiche opportuniste”.

Via: Wired.it

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