Viaggio nella lingua segreta del corpo

linguaggio
(Foto via Pixabay)

linguaggio corpoAnne Ancelin Schützenberger,
La lingua segreta del corpo – Di Renzo Editore, 2017
pp. 352, Euro 15,00

 

Che lo si voglia o no, sguardi e scambi di sguardi, gesti, atteggiamenti del corpo comunicano alle persone a cui ci rivolgiamo aspetti della nostra personalità e, spesso, tradiscono anche le nostre opinioni su di loro dando accesso a pensieri che talvolta desidereremmo tenere nascosti.

Nel gioco sociale, la ritualità della mimica e delle espressioni corporee dichiara il nostro modo di essere: la storia personale e la storia culturale di chi parla si mescolano insieme e diventano visibili sia all’occhio di un osservatore accorto sia, in situazioni cliniche, all’occhio del terapeuta, che può servirsene per interpretare il vissuto e la personalità dei suoi pazienti.

Tuttavia in questo libro l’autrice Anne Ancelin Schützenberger, psicoterapeuta e professoressa emerita di Psicologia all’Università di Nizza, mette subito in guardia i lettori contro troppo facili interpretazioni: è vero che ogni comunicazione nel suo insieme è al tempo stesso verbale e non verbale ,ma non si può ridurre l’espressione non verbale a un semplice dizionario di gesti. Il suo significato può essere inteso solo all’interno di un contesto condiviso, a cui partecipano sia chi trasmette il messaggio sia chi lo riceve.

L’attenzione alla espressione corporea è certamente parte della storia culturale dell’umanità ma la pubblicazione degli studi di Darwin su “L’espressione delle emozioni nell’uomo e negli animali” segna l’inizio degli studi scientifici su questo tema. Darwin propone qui una sua versione sull’argomento sostenendo che ogni espressione affettiva sarebbe universale e innata in quanto conseguenza di un processo evolutivo a cui partecipa la specie umana. Certamente la biologia ha la sua rilevanza: attraverso gesti rituali homo sapiens, i primati più evoluti e alcune specie di mammiferi definiscono gerarchie e ruoli sociali, comportamenti di seduzione e di aggressività, taluni giochi sessuali e la cura per i piccoli.

Molti studiosi, tuttavia, hanno successivamente posto l’attenzione sugli aspetti culturali della comunicazione, ponendoli in contrapposizione con quelli esclusivamente naturali. Per esempio, ogni cultura mette in atto suoi gesti caratteristici per modulare il significato di quello che si sta dicendo, ma anche la voce trasmette messaggi non verbali attraverso l’intensità, il tono, la rapidità e la durata del discorso; a questo si aggiungono i lapsus, lo schiarirsi la voce, la finta tosse, le interiezioni, la mezza risata… che colorano le parole di altri significati non sempre volutamente sottintesi. Per esempio, nei primi anni di vita, i bambini imparano il significato dello schiaffetto sulla loro mano tesa ad acchiappare oggetti proibiti, quello delle sopracciglia aggrottate in senso di rimprovero e quello delle braccia che si aprono in gesti consolatori. Già negli anni Sessanta del secolo scorso E. Goffmann, nel suo affascinante La vita quotidiana come rappresentazione aveva analizzato con attenzione i gesti e le espressioni volontarie e involontarie che accompagnano le nostre diverse “entrate in scena” in un luogo pubblico, in un ristorante, in un negozio… e i modi in cui ci togliamo le “maschere muscolari” quando non sembra che ce ne sia più bisogno. E sembra proprio, contrariamente a quanto si dice, che l’abito faccia il monaco.

Nel campo delle scienze umane la filosofia, la psicologia e più recentemente la psicologia e la psicoanalisi hanno approfondito gli aspetti non semantici del linguaggio e la cinesica che generalmente accompagna ogni comunicazione. Nel difficile tentativo di interpretarne i molteplici possibili significati, l’autrice contesta l’esistenza di universali biologici e culturali; ricorda piuttosto l’importanza del contesto in cui si svolge la comunicazione e il valore sociale di ogni espressione mimica che, se non fosse condivisa, non potrebbe neppure essere compresa. Integrata nella cultura, anche la gestualità evolve nel tempo: per questo non ha senso costruire un dizionario dei gesti che abbia valore al di fuori del contesto che li accompagna. La psicoanalisi ha provato a decifrare l’espressione corporea dei conflitti interni, guardando alle tensioni e alle posture come manifestazioni caratteristiche di certe sofferenze. In questo ambito, la psicologia della Gestalt sviluppata sulla base delle originali idee di Wertheimer studia terapeuticamente la dinamica della gestualità, notando come, quando certi bisogni fondamentali sono soddisfatti, le gestualità sono rimpiazzate da altre, in un processo di evoluzione e riorganizzazione continua che la terapia dovrebbe impegnarsi a sostenere. Anche l’analisi deve però tener conto della impossibilità di una comunicazione totale, che lascia l’interlocutore-terapeuta libero di interpretare sia i significati espliciti della interazione verbale sia gli indizi di dissonanza cognitiva con cui si cerca di nascondere, non volontariamente, il proprio malessere.

Nel libro, i numerosi esempi discussi dall’autrice rendono avvincente e agevole la lettura, la ricca bibliografia permette di approfondire di volta in volta gli aspetti trattati, invitando i lettori a riflettere sui tanti in-visibili gesti con cui spesso tentiamo di camuffare ciò che potrebbe tradire i nostri pensieri più profondi.

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