X-fragile, una molecola potrebbe normalizzare la struttura dei neuroni

Disturbi dello spettro autistico, difficoltà e ritardo nello sviluppo psicomotorio, crisi epilettiche. Sono queste alcune delle manifestazioni che possono presentarsi nella sindrome del cromosoma X fragile, una malattia genetica che colpisce un bambino maschio su 4000 e una femmina su 6000. E anche se si conosce la mutazione nel DNA, ancora troppo poco si sa dei meccanismi molecolari che causano la malattia. Ora però un gruppo di ricercatori statunitensi della New York University sembra aver identificato un modo per intervenire su alcuni dei processi alterati e ristabilire le normali funzioni biologiche.

Quello che si sapeva fino ad oggi è che a causa di una mutazione del gene FMR1, nella sindrome del cromosoma X fragile si perde la funzione della proteina FMRP, coinvolta nella sintesi proteica, cioè nel processo che dalla lettura dei geni porta all’assemblaggio delle proteine. Ciò comporta diverse anomalie a carico di meccanismi biologici, tra cui i processi dinamici dell’actina – una delle molecole che costituiscono lo scheletro cellulare (il citoscheletro) – che modificano la struttura delle cellule. In particolare l’actina è implicata nei meccanismi di sviluppo del sistema nervoso, nella plasticità sinaptica e di conseguenza nell’apprendimento.

Negli anni si è scoperto che FMRP normalmente sopprime la sintesi proteica: infatti quando manca, come nella sindrome dell’X fragile, la funzione della molecola eIF4E – che invece attiva la sintesi delle proteine – è accentuata. Trovare il modo di ripristinare la corretta regolazione di questo meccanismo metterebbe le basi per lo sviluppo di una strategia molecolare per riportare alla normalità i meccanismi alterati dalla sindrome.

E proprio questo era l’obiettivo dello studio di Emanuela Santini e degli altri neuroscienziati del Center for Neural Science della New York University: somministrando ai modelli animali di malattia la molecola eIF4G-1, i ricercatori sono riusciti a mettere un freno alla sintesi proteica e a stabilizzare i processi dinamici dell’actina. Nei topi – sostengono gli autori dell’articolo pubblicato su Science Signaling  questa strategia ha migliorato la funzionalità sinaptica, diminuito le anomalie cognitive e normalizzato la struttura dei neuroni.

Riferimenti: Science Signalling

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