Un intero laboratorio di analisi dentro una goccia

Le gocce d’acqua sono il miglior esempio a piccola scala di come la natura si riveli in tutta la sua perfezione geometrica. Quando, infatti, i corpi sono sottoposti a interazioni reciproche, tendono ad assumere la configurazione che richiede la minima energia: la sfera. Ma come mai le gocce d’acqua assumono questa forma così perfetta? Quando nasce una goccia (sia che essa stia gocciolando da un rubinetto o che si generi per condensazione all’interno delle nuvole) le sole forze che agiscono sulla sua superficie sono quelle relative alla tensione superficiale. Questa proprietà, caratteristica di tutti i liquidi, è strettamente collegata alla forza di coesione fra le particelle. Tale forza fa sì che le molecole all’interno di una goccia d’acqua siano attratte tutte quante in egual maniera dalle altre molecole circostanti. Le molecole che si trovano sulla superficie esterna della goccia sono attratte, invece, solo dalla forza delle molecole più interne che le richiamano verso il centro. Ecco che la goccia assume quindi una forma perfettamente sferica.

Questa semplice eppur straordinaria proprietà dell’acqua è stata sfruttata come presupposto per un recente studio pubblicato su Physical Review Letters da un gruppo di ricercatori dell’ Istituto Nazionale di Ottica del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Ino-Cnr) di Napoli in collaborazione con il Technion Israel Institute of Technology di Haifa. Il team di scienziati è riuscito a realizzare un vero e proprio laboratorio di analisi all’interno di una sola goccia d’acqua. A tale scopo sono state generate, sull’estremità di un capillare di dimensioni micrometriche, delle gocce di un polimero liquido a bassa viscosità con caratteristiche molto simili a quelle dell’acqua. Le gocce sono poi state colpite tangenzialmente da un fascio di luce infrarossa in modo tale da generare sulla loro superficie delle onde, ottiche e acustiche, ad altissima frequenza. Negli esperimenti condotti dal team di ricerca, la lunghezza dei diametri delle gocce utilizzate era di qualche centinaia di micrometri (quindi di dimensioni molto inferiori al millimetro). Ciò ha permesso di considerare trascurabile la forza di gravità (responsabile della perdita di tensione superficiale e quindi della deformazione della goccia). Basta infatti aprire appena un rubinetto per vedere come quella che si forma come piccola sferula d’acqua assume, poco prima di cadere, una forma sempre più allungata. Grazie alle sue piccole dimensioni e alla tensione superficiale, invece, la goccia di liquido utilizzata negli esperimenti conserva la forma regolare di sfera perfetta e, mentre è attraversata dalle vibrazioni generate dal raggio laser, si comporta come un risonatore ottico ideale.

“In questo modo un oggetto così semplice e comune in natura viene trasformato in un sofisticato elemento ottico, al pari di un dispositivo costituito da materiale solido, come lenti e specchi” dichiara Gianluca Gagliardi, ricercatore Ino-Cnr di Napoli. “Inoltre, la goccia si comporta come risonatore acustico in cui parte dell’energia trasportata dalla luce si trasferisce alla superficie per eccitare onde ultrasoniche e ipersoniche, amplificate al suo interno come nella cupola di una chiesa” conclude il ricercatore.

Al di là delle trattazioni puramente scientifiche, questi risultati comportano significativi risvolti applicativi. Al posto del liquido sperimentale si potrebbe, infatti, utilizzare un liquido biologico come il sangue o il plasma. Una gocciolina di questo liquido costituirebbe allo stesso tempo sia lo strumento che il campione su cui fare analisi chimiche. Tramite le variazioni nella propagazione delle onde meccaniche sulla superficie della goccia, infatti, potrebbe essere rilevata la presenza di alcuni tipi di nanoparticelle o biomolecole disciolte nel fluido in esame.

Riferimenti: Physical Review Letters

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