Dove nascono i diamanti? Un tuffo di 780 Km nella crosta oceanica

(Foto: Università di Padova)

(Università di Padova) – Uno dei principali obiettivi della geologia della Terra solida è quello di comprendere la mineralogia del nostro pianeta dalla superficie fino alle sue grandi profondità. Infatti, la composizione mineralogica (chimica, struttura cristallina e caratteristiche fisiche) del nostro pianeta combinata con le variazioni di pressione e temperatura influenzano l’intera dinamica terrestre. In questo contesto entrano in gioco i diamanti naturali: questi rari e costosi “oggetti” sono capaci di fornire informazioni dirette da grandi profondità perché trasportano fino alla superficie impurità al loro interno in forma di micro frammenti di Terra profonda.

Fabrizio Nestola e il suo team di ricercatori, in collaborazione con quelli dell’Università di Pavia, del Cnr-Igg di Padova e due atenei canadesi (Alberta e British Columbia), hanno rinvenuto un piccolo cristallo con composizione CaSiO3 di appena 0.03 millimetri, inglobato all’interno di un frammento di diamante 40 volte più grande, che fornisce preziose informazioni sulle profondità alle quali possono cristallizzare i diamanti e sui processi di subduzione profondi. Il prezioso naturale, oggetto dello studio pubblicato su Nature, proviene dalla miniera sudafricana vicino a Pretoria in cui nel 1869 venne rinvenuto il diamante grezzo più grande della storia – il famoso Cullinan dell’incredibile peso di 3.107 carati.

Le inclusioni di CaSiO3 scoperte da Fabrizio Nestola dimostrano che il diamante si è formato all’incredibile profondità di 780 km in un settore della Terra chiamato “mantello inferiore” (dai 660 km fino al limite con il nucleo terrestre che inizia a 2900 km di profondità). Finora la formazione di diamanti nel mantello inferiore era stata solo ipotizzata data l’impossibilità materiale di raggiungere quelle profondità. Infatti solo attraverso esperimenti ad altissima pressione e temperatura effettuati in laboratorio si è teorizzato che nel mantello inferiore potrebbero essere rinvenute la perovskite Mg SiO3 (circa 75-80%), l’ossido (Mg,Fe)O (circa il 10-15%) e proprio la fase scoperta da Fabrizio Nestola, la perovskite CaSiO3 (circa 5-10%).

Il cristallo individuato all’interno del diamante studiato appartiene a una grande famiglia di composti cristallini molto noti per le loro enormi applicazioni tecnologiche e chiamati “perovskiti”, poiché assumono lo stesso assetto alla scala atomica del minerale CaTiO3 (chiamato perovskite). La composizione chimica della perovskite CaSiO3 rinvenuta nel diamante sudafricano è di estremo interesse perché non si presenta in forma pura, ma contiene un certo grado di impurezza cioè un 6% di titanio. Esperimenti in laboratorio indicano che un tale contenuto di titanio nella CaSiO3 si può trovare solo a una profondità di 780 km.

(Foto: Università di Padova)

“Il nostro lavoro – spiega Fabrizio Nestola  – fornisce una chiara evidenza dell’origine superficiale dell’impurità: il materiale che ha poi dato origine al cristallino CaSiO3 deriverebbe dalla crosta oceanica terrestre (materiale superficiale) che sarebbe andata in subduzione fino al mantello inferiore, come previsto teoricamente dalla geofisica, ma mai dimostrato empiricamente prima di questa pubblicazione. Dati di laboratorio – continua Nestola  – indicano che la perovskite CaSiO3 è il quarto minerale più abbondante della terra dopo la perovskite MgSiO3, l’ossido di ferro e magnesio (Mg,Fe)O e l’olivina (Mg,Fe)2SiO4. La CaSiO3 però è l’unica fase che riesce a trasportare dall’alto a grandi profondità elementi radioattivi come uranio e torio (U e Th). Questi ultimi potrebbero essere tra i generatori di calore che a loro volta creano nuove e inaspettate dinamiche terrestri a quelle profondità. Il lavoro pubblicato su Nature dimostra definitivamente – conclude Nestola – che la crosta oceanica e il carbonio superficiale vengono subdotti fino al mantello inferiore. In un prossimo futuro, una volta raccolti dati in una statistica consolidata di campioni naturali, si potrebbe confermare l’ipotesi, già validata dagli esperimenti in laboratorio, che la CaSiO3 trasporti gli elementi radioattivi a grandi profondità, elementi capaci di contribuire in modo significativo all’attuale produzione di calore del mantello».

Riferimenti: CaSiO3 perovskite in diamond indicates the recycling of oceanic crust into the lower mantle F. Nestola, N. Korolev, M. Kopylova, N. Rotiroti, D. G. Pearson, M. G. Pamato, M. Alvaro, L. Peruzzo, J. J. Gurney, A. E. Moore e J. Davidson; Nature

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