Tutti pazzi per Steve, un nuovo tipo di aurora

steve
(Credit: Krista Trinder via NASA Goddard Space Flight Center/Flickr)

Un sottile nastro di luce viola con sfumature verdi. Se dovessimo descrivere Steve cominceremmo soprattutto a descriverne i colori, anche se per capire perché stiamo parlando in un nuovo tipo di aurora dovremmo aggiungere qualche dettaglio. Rispetto alle aurore tradizionali Steve non solo ha colori tutti suoi (quelle comuni brillano solitamente nel verde, rosso e blu), ma si presenta come una linea anziché come un ovale, appare a latitudini molto più basse e scompare presto. Se le aurore tradizionali durano ore, Steve si affaccia nei cieli per venti minuti, massimo un’ora, ricordano dalla Nasa.

Eppure sono bastate queste breve apparizioni a catalizzare l’attenzione di fotografi, astronomi amatoriali e professionisti. Quello Steve, nome inizialmente dato per gioco da osservatori non professionisti, è così diventato, man mano che le osservazioni scientifiche da Terra e dai satelliti si accumulavano, acronimo di Strong Thermal Emission Velocity Enhancement (STEVE), ricordano anche le presentazioni ufficiali su Science Advances.

Steve è, come le colleghe, dovuta all’interazione di particelle cariche (nello specifico un flusso di particelle molto calde che si muovo ad altissima velocità, note come SAID) provenienti dal Sole con le linee del campo magnetico terrestre, ma viaggia lungo linee diverse rispetto a quelle tradizionali, più in prossimità dell’equatore. Questo anche se solitamente Steve compare quando anche le colleghe si affacciano a latitudini più elevate.

La comparsa di queste luci a latitudini più basse, come quelle del Canada meridionale, suggerisce che esistano dei fenomeni chimici finora sconosciuti in queste zone, e che le particelle associate a Steve (SAID) si accompagnano a manifestazioni visibili. “Steve può aiutarci a capire come i processi fisici e chimici nelle zone alte dell’atmosfera possono a volte avere effetti osservabili anche nelle zone più basse dell’atmosfera”, ha spiegato Liz MacDonald del Goddard Space Flight Center della Nasa di Greenbelt e a capo del citizen project Aurorasaurus per il monitoraggio delle aurore, Steve comprese, in diverse parti del mondo: “Questo potrebbe darci informazioni importanti su come funziona il sistema Terra nel suo complesso”, ha aggiunto. Informazioni che potrebbero aiutarci a comprendere meglio che tempo fa nello Spazio e come questo tempo possa influenzare le comunicazioni satellitari.

Rfierimenti: Nasa, Science Advances

(Credit immagine di copertina: Krista Trinder via NASA Goddard Space Flight Center/Flickr)

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