Deposito nucleare italiano, cosa significa gestire le scorie?

Ci siamo quasi. A tre anni dalla stesura, la Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi), il documento che contiene la lista delle località compatibili alla costruzione del deposito nazionale delle scorie nucleari, sta per essere resa pubblica dal ministro Carlo Calenda, che – almeno nelle intenzioni – vuole completare questa prima fase dell’iter prima di rimettere il mandato al suo successore. Come vi abbiamo ampiamente raccontato, con la costruzione del deposito nazionale tutti i rifiuti della filiera nucleare italiana, attualmente sparsi in 22 siti (centrali dismesse, laboratori di ricerca e aziende), convoglieranno in un’unica area dove saranno auspicabilmente conservati in sicurezza. Dopo aver enucleato i cosiddetti criteri di esclusione, i parametri dettati dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) a Sogin per individuare i territori non adatti a garantire la sicurezza del deposito, ci occupiamo ora di capire come verranno gestite e mantenute le scorie una volta che il deposito sarà completato.

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1 commento

  1. L’articolo è molto ben fatto e riporta correttamente i fatti. Unica notizia errata riguarda la proibizione di costruire centrali nucleari in Italia: il referendum fatto dopo l’esperimento di Chernobyl non metteva in questione la produzione energetica tramite fissione nucleare (la quale non poteva essere oggetto di quesito referendario), ma proponeva tre quesiti piuttosto nebulosi e di difficile comprensione anche per gli addetti ai lavori. Tali quesiti, in effetti, riguardavano:
    1. l’abrogazione delle norme che consentivano al Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica (CIPE) di decidere sulla localizzazione delle centrali nel caso non lo avessero fatto le Regioni nei tempi previsti;
    2. l’abrogazione dei compensi ai Comuni che accettavano i grandi insediamenti energetici nucleari o a carbone;
    3. l’abrogazione della norma che consentiva all’ENEL di partecipare ad accordi internazionali per la costruzione e la gestione di centrali nucleari all’estero. Dopo l’esito scontato del referendum, l’allora Presidente del consiglio, Bettino Craxi, impose una moratoria di cinque anni alla produzione energetica per mezzo della fissione, moratoria che, di fatto, è divenuta ad libitum. Dopo Fukushima è stato effettuato un ulteriore referendum i cui quesiti sono stati scritti così male che, interpretati alla lettera, consentirebbero la riapertura delle centrali. Inoltre, le scorie di terza categoria possono essere utilizzate nei reattori veloci autofertilizzanti. Prof. Ettore Ruberti

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