Essere umani nell’era della complessità

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Per comprendere i problemi del nostro tempo è necessario sviluppare una idea di cittadinanza fondata sulla condivisione di un destino comune, opposta ai nazionalismi esasperati che diventano facilmente la causa scatenante di interminabili conflitti. Sono quantomai attuali le riflessioni che il filosofo Mauro Ceruti, tra i pionieri nell’elaborazione del pensiero della complessità e autore di stimolanti elaborazioni sulla situazione contemporanea, affida al suo ultimo libro. Seguendo il filo delle domande poste dal giornalista Walter Mariotti (direttore editoriale di Domus), Ceruti sostiene, citando anche Papa Francesco, l’importanza di un cambio di paradigma, per ripensare le idee di crescita, progresso e globalizzazione all’interno di una prospettiva complessa, che valorizzi “l’irriducibile molteplicità di dimensioni intrecciate nella nuova condizione umana”.

Mauro Ceruti, Il tempo della complessità – Prefazione di Edgar Morin Raffaello Cortina Editore, 2018 pp. 190, Euro 14.00

Caratteristica del pensiero sviluppato da Ceruti fin dagli anni ’80 del secolo scorso è proprio quella di riuscire ad integrare concezioni apparentemente opposte in una sintesi complessa. Lo scontro tra civiltà che caratterizzava i movimenti espansionistici dei secoli passati si è trasformato oggi in uno scontro all’interno di una stessa civiltà, e porta a contrapporre opposte visioni di medesimi problemi. Una tale frammentazione non riesce a vedere l’interdipendenza di modalità di pensiero antinomiche, ed è incapace, ad esempio, di sviluppare la relazione tra la diversità e l’unità delle culture, o tra la omogeneità e l’eterogeneità dei modi di vivere. Per comprendere la modernità, dice quindi Ceruti, sarebbe importante valorizzare quegli aspetti di incontro e di separazione tra popoli che hanno prodotto non solo fusioni e omologazioni ma anche annientamenti e resistenze alla omologazione stessa, creando nuovi meticciati e nuovi ibridi.

Tuttavia la formazione culturale di oggi e gli abituali modi di pensare sono ancora ben lontani dalla capacità di costruire sintesi che unifichino le frammentazioni rispettando le differenze; così, per costruire interdipendenza tra impostazioni ideologiche diverse, Ceruti ritiene indispensabile sviluppare pensiero complesso (cum plexus), imparando a vedere come l’integrazione di diverse dimensioni possa generare unità dalla molteplicità. Da questo intreccio sistemico di componenti diversificate si sviluppano proprietà emergenti, cioè modelli di comportamento, relazioni e interazioni che non sono direttamente deducibili dalle proprietà dei singoli elementi in gioco, che pure contribuiscono a costituire l’intreccio. In un sistema dinamico e diversificato si organizzano nuove gerarchie, si manifestano nuovi aspetti e diventa necessario abbandonare i punti di vista tradizionali e stereotipati per fare fronte alle nuove realtà. Cause microscopiche possono essere amplificate dal sistema per produrre effetti macroscopici e globali altrimenti imprevedibili, che ne trasformano radicalmente il comportamento; si manifestano discontinuità evolutive che deviano le traiettorie previste, proponendo la necessità di affrontare nuove contingenze.

Le potenzialità di un modo di pensare multidimensionale si attuano modificando anche certe rigidità del pensiero scientifico contemporaneo, aprendo nuovi orizzonti educativi, costruendo una nuova alleanza tra uomo e natura sulla linea tracciata ormai da tempo da scienziati come Ilya Prigogine e Isabelle Stengers. L’universo del possibile, sostiene Ceruti, si rigenera in modi discontinui e imprevedibili, e i vincoli interpretati finora dalle conoscenze tradizionali come limitazioni del possibile possono diventare condizioni essenziali per aprire invece nuove possibilità. La domanda di fondo “come è che ciò che doveva accadere è accaduto” si trasforma nell’altra, più aperta e più stimolante: “Perché è avvenuto questo, pur essendo possibile che le cose andassero diversamente?”. E basta cercare spiegazioni seguendo una traccia originale per aprire in modo radicalmente nuovo il proprio sguardo sia verso il passato che verso il futuro. Le scienze dei sistemi complessi, piuttosto che cristallizzarsi in una separazione dei saperi, fanno emergere nuovi linguaggi interdisciplinari, suggeriscono nuovi modelli e teorie che ampliano e arricchiscono le visioni ristrette e limitate dei saperi costituiti. L’irriducibile molteplicità di itinerari intrecciati porta a nuove ricognizioni, alla esplorazione di possibilità non cristallizzate nella sistematizzazione dei risultati.

A proporre sguardi non condizionati sul mondo dovrebbe pensare la scuola, offrendo ai ragazzi di oggi, sia pure “globalizzati”, opportunità di apprendimento diversificate e molteplici. Nel quadro della formazione di pensiero attuale delineato da Ceruti, la frammentazione nozionistica delle esperienze e delle informazioni rappresenta il maggiore ostacolo alla comprensione dei problemi nella loro complessità, mentre il compito educativo dovrebbe essere invece quello di dare senso alla molteplice varietà degli apprendimenti. Ricomporre, interconnettere, collegare… costruendo unità dalla diversità dovrebbe poter sviluppare prospettive multidisciplinari portando i ragazzi ad affacciarsi sugli spazi intermedi di incontro tra saperi diversi, lì dove nascono le domande più interessanti e gli approcci più originali. Integrare la frammentazione dei saperi didattici è un problema educativo e pedagogico a cui la scuola non dovrebbe sottrarsi, ed è anche un problema etico e politico da affrontare con impegno se si vuole evitare la deresponsabilizzazione delle persone. L’apprendimento richiede una continua socializzazione ed il contesto scuola si dimostra invece più orientato alla trasmissione astratta di contenuti: la situazione attuale sembra stagnante e se da una parte ha come conseguenza l’abbandono dei percorsi di istruzione, dall’altra produce conformismo e standardizzazione anche nelle situazioni di eccellenza. Per evitare che i ragazzi escano dalla scuola soltanto condizionati al momento presente, soggetto a rapidi ed imprevisti cambiamenti, si impone la necessità di un apprendimento duale, che possa sviluppare e distinguere sia capacità di pensiero adatte a tempi brevi sia capacità adatte a gestire situazioni su tempi lunghi.

Concludendo questa lunga intervista, Ceruti cita l’opinione del biologo americano Stephen Jay Gould, che discrimina tra la visione creativa e la visione fondamentalista dell’umanità, sostenendo che la condizione umana è una creazione continua, una aspirazione all’universalità che emerge dall’interazione tra le diversità dei modi di essere e dei linguaggi tra persone e culture diverse.

Concettualizzare la complessità seguendo il pensiero di Ceruti non è certo facile né ovvio: superare la contrapposizione tra atteggiamenti che sembrano incompatibili e comporre le antinomie richiede profondi processi di ripensamento anche sui quotidiani atteggiamenti del vivere. Ma proprio ad una nuova (e complessa) visione del mondo tendono gli stimoli, le riflessioni, le interpretazioni della storia umana presentate in questo volume.

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