Creme solari, quanto ne sapete realmente?

Creme, oli, spray, gel, stick. Chi preferisce l’uno, chi l’altro, ma tutte al di là di qualche indicazione di base – gli spray magari meglio per i più piccoli, per facilità di applicazioni, mentre gli stick sono più comodi sulle labbra e intorno agli occhi – fanno lo stesso lavoro: proteggono dal sole. Le creme solari (d’ora in poi chiameremo tutti così, a indicare la categoria) sono anche i protagonisti più indiscussi delle raccomandazioni dei medici in particolare con l’arrivo dell’estate, perché figurano tra i mezzi che possiamo mettere in campo noi per difenderci dai danni del sole. Ma le conosciamo davvero malgrado le raccomandazioni che si ripetono ogni anno? Abbiamo provato a mettere insieme un vademecum per conoscere da vicino questi scudi dei raggi solari, di recente al centro delle cronache anche non strettamente mediche dopo che dalle Hawaii è arrivata la notizia della messa al bando di prodotti contenenti alcuni ingredienti perché minacciosi per la salute dei coralli.

Cosa fanno

Ma dicevamo, scudi. E infatti le creme solari funzionano come degli schermi, ma in modi diversi a seconda dei sistemi di difesa (filtri) spiegati. Anche la British Association of Dermatologists (Bad) utilizza la diffusa metafora delle spugne e degli specchi per spiegare come funziono i due tipi filtri che possono essere presenti all’interno di una crema solare: sono divisi tra quelli organici (tradizionalmente noti come chimici, in modo non proprio appropriato) assorbono la luce solare e la rilasciano in piccole quantità di calore (leggi infrarossi) e quelli inorganici (o fisici) la riflettono invece.

Non si tratta però di una divisione del genere o l’uno o l’altro: alcune creme infatti possono contenere filtri di entrambe le tipologie. Ingredienti comuni dell’una e dell’altra categoria sono: ossibenzone, salicilato di ottile, octocrylene od ossido di zinco e biossido di titanio per i filtri fisici. I diversi tipi di filtri offrono una protezione diversa per tipo e quantità di raggi ultravioletti A e B (la porzione C dei raggi ultravioletti della radiazione solare non raggiunge la superficie terrestre perché bloccata dall’ozono).

Un aiuto, non uno scudo

Premessa. Le creme proteggono dai raggi ultravioletti del sole ma non solo un lasciapassare per rimanere ore stesi sopra il lettino. “Le creme con filtro solare devono essere considerate un aiuto per una abbronzatura corretta e non un lasciapassare per esposizioni troppo prolungate”, ricorda in proposito il Ministero della Salute. Fatta la dovuta premessa di fronte alla quantità di prodotti è naturale chiedersi quale sia il più adeguato per la nostra pelle e per le nostre abitudini. Gli esperti in materia concordano che nella scelta debbano essere preferite creme che offrono una protezione ad ampio spettro, ovvero che forniscano una protezione sia contro i raggi Ua (quelli che penetrano più in profondità nella pelle, sono principalmente responsabili dell’invecchiamento della pelle e passano attraverso i vetri) che Uvb (non passano attraverso il vetro, sono parzialmente bloccati dall’ozono, penetrano meno e sono i principali responsabili delle scottature e associati a tumori, anche se entrambi partecipano alla trasformazione neoplastica), ricordano dall’American Cancer Society. Dalle stesse pagine precisano inoltre come la dicitura “resistente all’acqua” non sia equivalente al concetto di “impermeabile”: meglio per questo riapplicare le creme, specialmente dopo aver fatto il bagno, se si suda tanto e dopo essersi asciugati e aver portato via un po’ delle vecchia crema.

Come si sceglie il fattore di protezione

Tra le informazioni in etichetta è forse quello più conosciuto, l’Spf, che sta per Sun Protection Factor (fattore di protezione solare). Numeri più grandi indicano una maggiore protezione e vale la regola generale per cui nella scelta di una crema l’Spf debba essere inversamente proporzionale al fototipo. Ovvero: prediligeremo una crema con Spf elevato (come 50) quanto più vicini a fototipi bassi, come 1-2 (carnagione chiara o molto chiara, capelli dal biondo al castano chiaro, suscettibile di scottature con facilità). Ma quale è il vero significato dell’Spf? Come precisano dalla Bad, sarebbe più opportuno riferirsi al concetto come “Fattore di protezione dalle scottature solari”, perché parliamo di un sistema volto a misurare la protezione contro i raggi Uvb (quelli, dicevamo, responsabili delle scottature). Scrivono infatti dalla Food and Drug Administration (Fda): “Il valore SPF indica il livello di protezione dalle scottature fornito da un prodotto solare”. Questi prodotti, continuano dall’agenzia, misurano la quantità di esposizione ai raggi Uv tale da causare una scottatura su una pelle protetta rispetto a una non protetta. E qui veniamo ai numeri: una crema con Spf 15 significa che permetterà di rimanere al sole prima di scottarsi 15 volte più a lungo che senza crema.

Spf: quando 30 non è il doppio di 15

Altri numeri sono quelli invece relativi alla quantità di radiazione schermata: una crema con Spf 15 fa passare circa 1/15 dei raggi Uv (ovvero ne scherma circa il 93%), una con Spf 30 1/30 (ovvero ne scherma circa il 97%) e una a protezione elevata, con Spf 50, 1/50 (ovvero ne filtra il 98%). Questo significa che oltre un certo numero, all’aumentare dell’Spf, la quota schermata di radiazioni filtrate cresce molto lentamente, come mostra il grafico dell’Environmental Protection Agency (Epa) americana in uno speciale sulle creme solari. E non esistono creme che possano bloccare il 100% della radiazione Uvb, ricordano dall’American Academy of Dermatology (Aad).

Relativamente alla protezione per i raggi Uva l’Unione europea raccomanda che la protezione debba essere almeno un terzo di quella offerta dall’Spf (riferito agli Uvb). Quando il criterio è soddisfatto compare il cerchietto con la scritta Uva all’interno. Tutto questo vale sulla carta. Come ricorda infatti anche Beatrice Mautino, nel suo libro “Il trucco c’è e si vede“, nel capitolo dedicato alle creme solari, nella pratica la quantità di raggi ultravioletti varia durante la giornata, l’esposizione è diversa da luogo a luogo e con condizioni meteo diverso, e le creme stesse durante la giornata sono lavate via, assorbite degradate. Esiste in sostanza una questione di tempo, come la chiama Mautino, che pesa sulla reale efficacia delle creme ed esula dalle caratteristiche dei prodotti stessi.

Come e quanto spalmare

Dicevamo durante la giornata le creme si perdono. Per motivi più disparati: bagni, assorbimento, sudore. Questo è il motivo per cui gli esperti raccomandano una ri-applicazione, in media ogni paio di ore. Ma bisogna anche procedere a un’applicazione che sia davvero adeguata, che non lasci indietro nessuna zona, specie quelle generalmente più dimenticate, quali la zona posteriore del collo, i piedi, le tempie o le orecchie. Sulle quantità e modalità vengono di nuovo in aiuto quanto messo a disposizione dai dermatologi: indicativamente per un adulto la quantità di crema minima dovrebbe corrispondere a circa 6 cucchiaini pieni da spargere sul corpo (equivalenti a circa 36 grammi), un paio se si intende coprire solo testa collo e braccia aggiungono dal britannico Nhs (il sito del National Health Service). Tutto questo preferibilmente dai 15 ai 30 minuti prima di esporsi al sole.

Occhio ai più piccoli

Le raccomandazioni sono quelle di evitare di esporre i bambini più piccoli di 6 mesi ai raggi del sole, e congiuntamente dunque di evitare di utilizzare su di loro creme solari. Come protezione in generale per i più piccoli (il sole preso da piccoli pesa sui rischi da grandi) meglio investire sull’ombra e sugli indumenti, contando sull’aiuto delle creme ad alta protezione (con un Spf da 30 in su) per le zone non coperte. Per tutta la famiglia il consiglio principe risiede nelle parole di un recente articolo pubblicato su Mayo Clinic: “Usa creme di protezione solare tutto l’anno, e non lasciare che nessun prodotto ti culli in una falsa idea di sicurezza riguardo l’esposizione solare. Per proteggersi la soluzione migliore risiede in una combinazione di ombra, vestiti adeguati, creme solari e buon senso”. Anche se proteggono, si legge ancora da un vecchio documento della Commissione Europea, “i prodotti per la protezione solare non dovrebbero pertanto affermare o dare l’impressione di garantire una protezione totale dai rischi derivanti da un’eccessiva esposizione ai raggi Uv”.

Via: Wired.it

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