Libertà di ricerca, l’Italia ancora arranca

fondazione roche

Il nostro paese arranca sul tema della libertà di ricerca scientifica. Lo certifica l’Associazione Luca Coscioni, il cui quindicesimo congresso si apre oggi a Milano, in un’indagine che ha toccato per l’appunto i temi di scienza e ricerca, per capire come il nostro paese si colloca a livello internazionale. Il risultato è abbastanza deludente: per libertà di scienza l’Italia si colloca al 26esimo posto su 46 paesi presi in esame, stando alle classifiche realizzate da Andrea Boggio, dirigente dell’associazione e professore alla Bryan University di Boston. Nel complesso, le classifiche stilate sono cinque, relative a libertà della scienza, aborto, fecondazione assistita, fine vita e ricerca sulle cellule staminali.

Ogni tema è stato analizzato riconoscendo una serie di indicatori. Ogni indicatore è stato valutato con un elenco di domande. Le risposte sono servite a misurare con quale grado lo stato in esame, limita riconosce o promuove determinati diritti. Ad ogni risposta è stato assegnato un punteggio da 0 a 12. Il punteggio è più basso per situazioni che garantiscono meno libertà e diritti. Ad esempio, per quanto riguarda l’aborto, i farmaci per la contraccezione sono disponibili legalmente? Zero punti significa che la questione non è neanche trattata a livello normativo, dodici che il diritto è totalmente riconosciuto. Alla fine, la somma dei vari punteggi è stata usata per stilare la classifica su quel tema specifico. I dati provengono da fonti diverse come la Banca Internazionale, l’Unesco, il World Economic Forum e dall’associazione stessa. Vediamo le classifiche una per una.

Libertà di scienza: 26esimo posto su 46 Paesi 

Cosa significa libertà di scienza? Il diritto alla scienza è riconosciuto come diritto umano fondamentale sia dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948 che dal Patto sui diritti economici, sociali e culturali del 1965. Ogni paese dovrebbe attivarsi per garantire lo sviluppo della conoscenza scientifica. Gli indicatori presi in esame in questo caso sono l’investimento pubblico in ricerca ed in educazione universitaria, il numero di pubblicazioni e di ricercatori, la qualità di università e centri di ricerca, l’impatto della produzione scientifica, il numero di persone che conseguono un dottorato di ricerca, il numero di donne scienziato, le competenze scientifiche degli studenti di scuola superiore.

Al vertice della classifica troviamo Belgio, Olanda e Usa. L’Italia occupa il ventiseiesimo posto dietro agli altri grandi paesi europei, ma anche a realtà come Sud Africa, India, Vietnam e Israele. La posizione dell’Italia dipende dal fatto che i finanziamenti alla ricerca sono inferiori alla media europea e ci sono troppo pochi ricercatori. L’Italia è anche indietro nelle competenze scientifiche degli studenti di scuola superiore e di capacità di attrarre talenti dall’estero.

Aborto: 31esimo posto su 164 Paesi  

Per aborto si intende l’interruzione spontanea o volontaria di una gravidanza. Giuridicamente ed eticamente si discute di interruzione volontaria della gravidanza (Ivg). Quest’ultima in Italia è regolata dalla legge 194 del 22 maggio 1978, confermata dai referendum del 1981. Secondo questa legge, una gravidanza può essere interrotta solo se comporta un pericolo per la salute fisica o psichica della donna. Per misurare la libertà di aborto in Italia, gli indicatori presi in considerazione hanno incluso le tecniche di aborto, e se queste sono mirate a salvaguardare la salute fisica e mentale della donna, se l’aborto è legale o meno in caso di violenza o difetti fetali, se i farmaci per la contraccezione sono disponibili legalmente o se il mifepristone – la piccola RU-486 per l’aborto nei primi due mesi di gravidanza – è approvata per l’uso.

Relativamente alle libertà di aborto l’Italia mostra un certo ritardo, posizionandosi dietro a paesi come Kazakhstan, Cambodia, Azerbaijan e Armenia. In Italia, nonostante l’aborto sia legalizzato, l’obiezione di struttura, non ammessa dalla legge 194 – solo il 60% degli ospedali con reparto di ostetricia ha un servizio Ivg – e la diffusa obiezione di coscienza, aggravano anno dopo anno il disservizio in molte regioni, limitando il diritto alle scelte riproduttive e alla salute di molte donne che vivono nel nostro paese. Proprio oggi, il consiglio comunale di Verona ha approvato una mozione della Lega che dichiara Verona “città a favore della vita”, sostenendo associazioni cattoliche che mettono in campo iniziative contro l’aborto.

Fecondazione assistita: 29esimo posto su 60 Paesi

Per fecondazione medicalmente assistita si intende l’insieme delle tecniche mediche che in aiuto alla coppia che non riesce a concepire, mirano ad una gravidanza sicura con nascita. Tali tecniche possono essere applicate con i propri gameti (omologa) o con gameti donati di un terzo soggetto anonimo (gameti, sia maschili che femminili – tecniche eterologhe). Alcuni tipi di riproduzione assistita implicano che la fecondazione avvenga all’interno del corpo della donna (in vivo). Altre tecniche di riproduzione assistita si definiscono in vitro, in quanto comportano che l’incontro fra i gameti avvenga in provetta.

Il 10 marzo 2004 segna l’entrata in vigore della legge 19 febbraio 2004, n. 40, ‘Norme in materia di procreazione medicalmente assistita’. Dopo dieci anni di dibattito parlamentare la libertà riproduttiva, fino ad allora considerata parte inalienabile dei diritti della persona, viene regolamentata e sottoposta a proibizioni e restrizioni. Anche relativamente alle libertà di ricerca scientifica legata alle tecniche di fecondazione l’Italia è in ritardo rispetto allo scenario internazionale. È ventinovesima su sessanta paesi analizzati, dietro a paesi come Vietnam, Corea del Sud e Iran. Ai primi posti, su questo tema troviamo Nuova Zelanda, Grecia e India. Nel giugno del 2005 in Italia si è svolto un referendum, per abrogare gli aspetti più restrittivi della legge 40, promosso in particolare dall’ Associazione Luca Coscioni e dai Radicali Italiani, che però non ha raggiunto il quorum.

Fina vita: 31esimo posto su 47 Paesi

L’eutanasia è un tema delicato e al momento, nel nostro paese manca una legge che preveda l’eutanasia legale. Tuttavia, in Italia, la Costituzione riconosce che nessuno può essere obbligato ad alcun trattamento sanitario contro la propria volontà e prevede altresì che la libertà personale è inviolabile. Nella classifica stilata da Andrea Boggio per l’Associazione Luca Coscioni, il nostro paese si colloca al trentunesimo posto dietro a realtà come Messico, Taiwan, Albania. Leader al mondo su questo tema sono Belgio, Olanda e Austria. Alcuni passi però sono stati fatti: il Senato il 14 dicembre 2017 ha approvato la legge sulle Disposizioni Anticipate di Trattamento. La legge n. 219 è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 16 gennaio 2018, ed è entrata in vigore il giorno 31 gennaio 2018. Questo primo risultato sarebbe stato impossibile senza il coraggio di tante persone malate che hanno lottato pubblicamente per veder rispettate le proprie volontà.

Ricerca sulle cellule staminali: sesto posto su 17 Paesi

La ricerca sulle cellule staminali, sia adulte che embrionali, è uno dei settori più promettenti per la cura di malattie, in particolare neurodegenerative, che oggi non lasciano speranza a molte persone affette. Nel corpo umano adulto, le cellule staminali si trovano nel midollo osseo e sono quelle che possono essere trapiantate in chi sia affetto da malattie del sangue, come la leucemia. Ma altre cellule staminali si trovano nel cervello, nello strato più profondo della pelle, il derma, nella polpa dentaria, nel cordone ombelicale, nel liquido amniotico. La vera miniera di cellule staminali totipotenti, che possono cioè essere usate per “sostituire” cellule affette da deficit genetici, per ricostruire parti di pelle danneggiata, etc., è l’embrione umano, da cui il nome di “cellule staminali embrionali”. In questo caso, la graduatoria sembra inquadrare il nostro paese in una condizione non troppo sfavorevole.

E la ricerca sulle staminali embrionali è, ad oggi, meno avanzata di quel che si auspicherebbe e pochissime parti del corpo vengono ricostruite grazie ad esse. Nel 2004, in particolare, la legge 40 sulla fecondazione assistita ha posto un divieto assoluto all’utilizzo a fini di ricerca scientifica degli embrioni non utilizzati nelle tecniche di fecondazione assistita, preferendo la loro estinzione alla donazione degli stessi da parte delle coppie a fini di ricerca. E così migliaia e migliaia di cellule embrionali sono stoccate in depositi di centri pubblici e privati. Si era pensato di trasferire tutte queste cellule staminali alla Biobanca Nazionale con sede al Centro trasfusionale e di immunologia dei trapianti all’Ospedale Maggiore di Milano, ma dal 2004, anno della sua ideazione, a oggi, mancano i decreti attuativi per poterlo fare, nonostante la struttura sia costata 400.000 euro.

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