Un’arca di Noè per salvare il microbiota

Microbiota

L’industrializzazione non ha compromesso solo la biodiversità di fauna e flora, ma anche quella del microbiota: trilioni di batteri, virus, funghi e altri microrganismi che vivono dentro e sopra il nostro corpo e che hanno un ruolo fondamentale nel corretto funzionamento di molti processi complessi. Ecco perché un gruppo di scienziati guidato dalla Rutgers University–New Brunswick ha lanciato l’idea di creare una Banca Mondiale del microbiota (un’altra), allo scopo di proteggere la salute a lungo termine dell’umanità. La proposta, avanzata questa settimana sulla rivista Science, ricorda da vicino quella della Svalbard Global Seed Vault), la più grande collezione di semi al mondo, istituita per far fronte a disastri naturali o provocati dall’essere umano.

Il microbiota è cambiato

Come spiegano i ricercatori guidati Maria Gloria Dominguez-Bello, i cambiamenti nel microbiota umano che si verificano in concomitanza con l’industrializzazione potrebbero essere un fattore comune alla base dell’insorgenza di disturbi distinti come obesità, asma, allergie e autismo. Queste condizioni dall’inizio del XX secolo sono aumentate significativamente, dapprima nel mondo industrializzato e più recentemente nei paesi in via di sviluppo.

I cambiamenti registrati nel microbiota implicano la perdita del nostro patrimonio microbico ancestrale. “Questi microrganismi si sono evoluti con l’essere umano per centinaia di millenni, ci aiutano a digerire il cibo, a rafforzare il sistema immunitario e ci proteggono contro i germi invasori. In poche generazioni abbiamo assistito a un’incredibile perdita di diversità microbica legata a un picco mondiale di malattie autoimmuni e altri disturbi” sottolinea Dominguez-Bello. Si tratta di un problema serio, perché i costi a livello mondiale per il trattamento (ad esempio) di obesità e diabete hanno superato i 3 trilioni di dollari l’anno, e stanno diventando insostenibili per l’economia globale.

Una banca per il microbiota

Con un microbiota ben diversificato da cui attingere, in futuro potrebbe essere possibile prevenire alcune malattie “semplicemente” reintroducendo i microbi persi. E un microbiota sano e diversificato potrebbe anche essere un elisir di lunga vita. Purtroppo però, quella verso la realizzazione della Banca del microbiota è una strada difficile, che richiede uno sforzo internazionale e finanziamenti massicci. Ad oggi, in molti ospedali e università, esistono delle collezioni di microrganismi, solitamente prelevati da soggetti sani per realizzare il trapianto di microbiota fecale (una tecnica preziosa nella lotta a infezioni pericolose, come quelle causate da Clostridium difficile) ma non sono sufficienti.

Il microbiota da salvare, infatti, dovrebbe essere raccolto a partire da popolazioni umane i cui microbiomi (termine che indica il patrimonio genetico dell’insieme dei microrganismi colonizzatori) non siano stati compromessi dall’utilizzo di antibiotici, cibi trattati, e dalle conseguenze negative di altre abitudini della società moderna che hanno contribuito alla perdita di diversità microbica. I candidati ideali appartengono a popolazioni remote dell’America Latina e dell’Africa, ma è necessario intervenire prima che anche loro sperimentino l’urbanizzazione. Basti pensare che la flora intestinale della maggior parte degli americani ha un tasso di diversità pari alla metà di quello registrato nella flora dei cacciatori-raccoglitori che vivono in villaggi isolati dell’Amazzonia.

Un’emergenza in corso

L’idea di un’Arca di Noé del microbiota sembra destinata a fare scalpore, perché i ricercatori firmatari la ritengono tanto importante e necessaria quanto la lotta al cambiamento climatico. “Siamo di fronte a una crescente crisi sanitaria globale, che richiede di catturare e preservare la diversità del microbiota umano finché esiste ancora” ha dichiarato Dominguez-Bello. C’è qualcosa che possiamo fare nel frattempo? “Limitare l’utilizzo degli antibiotici e il ricorso al parto cesareo solo quando necessario, promuovere l’allattamento materno, evitare l’uso di antibatterici nel quotidiano e cambiare alimentazione, assumendo nutrienti e cibi che favoriscano la diversità del microbiota” suggeriscono gli esperti. Anche se tutte queste accortezze potrebbero solo rallentare – ma non arrestare – l’emergenza in corso.

Riferimenti: Science

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