Golfo della Spezia, nuove specie aliene scoperte dall’Enea

nuove specie aliene nel golfo della Spezia
Una delle nuove specie aliene individuate nel golfo della Spezia

Golfo della Spezia sorvegliato speciale, per l’avvistamento di nuove specie aliene nel Mediterraneo: “La presenza di un importante porto commerciale e di numerose marine turistiche rendono quest’area molto interessante per questo tipo di studi, anche per la presenza di siti ad alto rischio di introduzione di specie non native”, spiega  Chiara Lombardi del Dipartimento Sostenibilità dei Sistemi Produttivi e Territoriali ENEA. Nel golfo della Spezia un team di ricercatori di ENEA, Università di Pavia e Smithsonian Environmental Research Center (SERC) ha appena individuato nuove presenze “aliene”, tra cui piccoli organismi marini originari delle Galapagos, mini crostacei giapponesi e plancton originario del sud-est asiatico.

Caccia all’alieno  nel golfo della Spezia

“Le specie aliene, in continuo aumento nel Mediterraneo, alterano le comunità e gli ecosistemi marini e rappresentano una minaccia per la biodiversità”, aggiunge Agnese Marchini del Dipartimento di Scienze della Terra e dell’Ambiente dell’Università di Pavia.  Per individuare queste specie i ricercatori hanno posizionato 50 pannelli in PVC (14 x 14 cm) a 1 metro sotto il livello del mare per favorirne la colonizzazione da parte di organismi marini incrostanti. Dopo tre mesi i pannelli sono stati sottoposti ad analisi biologiche nel Centro Ricerche Ambiente Marino dell’ENEA di Santa Teresa sul golfo della Spezia.

“Ogni pannello è stato colonizzato da un’abbondante comunità di specie native e aliene, alcune ancora mai segnalate nel golfo della Spezia, come ad esempio la specie di briozoo Watersipora arcuata, proveniente dall’Oceano Pacifico”, racconta Marchini.

Mappare le “invasioni aliene” del Mediterraneo

Utilizzando per la prima volta nel Mediterraneo questo tipo di test – sviluppato negli Stati Uniti –  i ricercatori hanno raccolto informazioni anche sui “percorsi” di introduzione più seguiti dalle specie invasive, come per esempio, il pesce scorpione, e sui siti più suscettibili alle invasioni biologiche, favorite dal riscaldamento del mare e dalle attività umane, come la miticultura, il traffico navale e l’apertura dello stretto di Suez, recentemente raddoppiato. Per caratterizzare con maggiore precisione i siti del golfo della Spezia più soggetti a rischio di “invasioni” biologiche, nei prossimi mesi i ricercatori eseguiranno ulteriori analisi sui campioni raccolti. I risultati, attesi per il 2019, costituiranno il primo passo per la creazione di una serie storica utile per la comprensione e lo studio di questi fenomeni nel Mediterraneo.

“Siamo riusciti a dimostrare che questo protocollo ideato per ambienti costieri oceanici è applicabile come standard internazionale anche in un contesto mediterraneo”, evidenzia Michele Repetto del SERC. “Ora potremo confrontare dati provenienti da diverse parti del mondo monitorando nel tempo diversità e abbondanza di specie marine non-indigene in siti ad alto rischio di introduzione, come porti, marine turistiche e impianti di mitilicoltura”.

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