Il livello del mare cresce più rapidamente del previsto

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(Foto via Pixabay)

Il livello di mari ed oceani cresce più rapidamente del previsto, e accelera in maniera costante. A rivelarlo è uno studio americano, guidato dal Cires (Cooperative Institute for Research in Environmental Sciences) della University of Colorado at Boulder, che ha ottenuto una stima decisamente più drammatica dell’innalzamento del mare rispetto a quanto previsto finora. A questo ritmo, l’aumento del livello delle acque, dal 2005 al 2100, potrebbe essere di ben 65 centimetri, mettendo a rischio numerose località costiere in più rispetto alle previsioni attuali. Lo studio, finanziato dalla Nasa, è pubblicato su PNAS.

Uno degli effetti più evidenti e quantificabili del riscaldamento globale è l’innalzamento del livello di mari e oceani. Tra il 1993 e oggi i quattro satelliti oceanografici TOPEX/Poseidon, Jason-1, Jason-2 e Jason-3, operativi in tempi successivi, hanno permesso di misurare con elevata precisione l’entità di questo fenomeno. Assumendo che la crescita sia costante nel tempo, fino ad oggi, le misurazioni altimetriche satellitari indicavano un innalzamento di circa 30 centimetri nel 2100 rispetto al livello del 2005.

Tuttavia, mettendo insieme in maniera diversa gli stessi dati, il team di ricerca ha ottenuto risultati diversi. Per rappresentare al meglio la situazione, infatti, bisogna aggiungere al termine costante  un’accelerazione che, seppur piccola (0.084mm/anno2), corrisponde a una crescita del livello del mare di 10 millimetri all’anno e porterebbe a più che raddoppiare la stima del livello raggiunto dagli oceani nel 2100: non 30, ma ben 65 centimetri. La nuova stima, presentata sulla rivista Pnas, è in accordo con le ultime proiezioni del Gruppo Intergovernativo sul Cambiamento Climatico, il foro scientifico istituito dalle Nazioni Unite per studiare i cambiamenti climatici e il loro impatto sulle attività naturali e umane.

Questo fenomeno, spiegano gli autori dello studio, sarebbe in larga parte determinato dall’accelerazione dello scioglimento dei ghiacci della Groenlandia e dell’Antartico, misurata, a partire dal 2002, dalla missione GRACE (Gravity Recovery and Climate Experiment).

Il risultato odierno è stato ottenuto dall’analisi dei dati satellitari di 25 anni. Per 25 anni consecutivi, infatti, TOPEX/Poseidon e i suoi tre successori Jason hanno monitorato la superficie degli oceani grazie ai loro strumenti, capaci di misurare la distanza dalla superficie delloceano con una precisione di pochi centimetri. I cambiamenti climatici determinano l’innalzamento del livello degli oceani essenzialmente in due modi: da un lato l’aumento di temperatura degli oceani fa espandere l’acqua, dall’altro, a seguito dello scioglimento dei ghiacci viene immesso negli oceani un maggior quantitativo di acqua. Questi fenomeni hanno contribuito in ugual misura alla crescita di 7 centimetri del livello complessivo del mare, registrata negli ultimi 25 anni.

Per determinare l’accelerazione dovuta al riscaldamento globale i ricercatori hanno dovuto prima “ripulire” i dati eliminando sorgenti di variabilità annuale, cioè elementi che avrebbero potuto confondere le stime. Fra questi, vi sono fenomeni climatici quali le oscillazioni di El Niño o l’effetto di eventi eccezionali come l’eruzione vulcanica del Monte Pinatubo del 1991 – subito prima della partenza della missione TOPEX/Poseidon – che determinò un’apparente regressione del livello degli oceani.

La nuova stima dell’accelerazione (pari appunto a 0.084mm/anno2) è stata dunque ottenuta e convalidata tenendo conto di modelli climatici indipendenti. Questi dati, spiegano gli autori, sottolineano che i dati dei satelliti potrebbero giocare un ruolo importante dei satelliti nel convalidare le proiezioni dei modelli climatici. Per gli scienziati, tale risultato è solo un punto di partenza: la stima potrà essere rifinita accumulando dati per periodi più lunghi e l’analisi di dati regionali potrà fornire indicazioni più dettagliate su come la Terra è destinata a modificarsi a causa dei cambiamenti climatici.

Riferimenti: PNAS

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