Vita

Biologia sintetica: create le prime cellule “instancabili”

Cosa hanno in comune l’ingegneria industriale e la biologia? Apparentemente nulla, la prima progetta e realizza macchinari per la produzione in serie, l’altra studia i sistemi viventi, dagli animali alle cellule alle molecole fondamentali della vita, le proteine. Ma c’è una dimensione in cui questi due mondi si incontrano: la biologia sintetica. Così come nelle fabbriche odierne un operatore via computer dà alle macchine-robot le istruzioni da seguire un biologo può – inserendo DNA sinteticodare alla cellula le informazioni necessarie per produrre una determinata proteina. In effetti, la biologia sintetica può creare “cellule OGM” in grado di produrre qualsiasi proteina. Tuttavia, c’è un problema: mentre una macchina può essere spenta, messa a riposo, una cellula – anche in assenza di nuove istruzioni – non smette di svolgere le proprie funzioni vitali, non si “rilassa” mai, finché è viva. Ne consegue che, se ha numerose istruzioni da seguire, si affaticherà, proprio come tutti gli esseri viventi, con conseguenze negative sulla sua fisiologia, ovvero le sue funzioni vitali, e sulla qualità della produzione della proteina, che infatti spesso non rispecchia le aspettative.

Produrre meno, produrre meglio: l’incoherent feed-forward loop

Una delle principali sfide dei biologi sintetici è quella di rendere le cellule più efficienti, altamente performanti e “instancabili”. Ed è quello che è riuscito a ottenere il team di ricercatori dell’Istituto Italiano di tecnologia (IIT) di Napoli guidato da Velia Siciliano in collaborazione con l’Eidgenössische Technische Hochschule (ETH) di Basilea e l’Imperial college di Londra. Come raccontano in uno studio pubblicato sulla rivista Nature Communications, i ricercatori hanno trovato il modo per migliorare la performance delle cellule prendendo spunto dall’ingegneria, ovvero dai circuiti elettrici che comandano le funzioni delle macchine. In pratica, hanno modificato le “istruzioni” (il DNA sintetico) includendovi non solo la proteina d’interesse ma anche un suo inibitore. Questo nuovo comando, che prende il nome di “incoherent feed-forward loop”, rende il sistema di produzione più robusto, garantendo livelli di proteina costanti anche se più bassi.

Per lo studio sono state utilizzate proteine tipo GFP (Green Fluorescent Protein), che consentono una facile visualizzazione tramite l’uso di microscopi a fluorescenza. Successivamente la produzione della proteina è stata studiata più nel dettaglio tramite tecniche avanzate di biologia molecolare come la citofluorimetria, una tecnica che tramite l’uso di laser monitora fluorescenza e parametri morfologici delle cellule, e la real-time PCR, che consente lo studio dei livelli di RNA (prodotto intermediario fra DNA e proteina) intracellulari. Le tecniche sperimentali sono state affiancate dall’uso di modelli matematici per prevedere il comportamento delle cellule e aumentare la qualità della “produzione” delle proteine. Avvalendosi di queste tecniche innovative, Il team di ricercatori è riuscito a dimostrare che la simultanea inibizione e induzione portano ad uno stato di equilibrio della produzione della proteina GFP e ad una maggiore resistenza della cellula allo stress, rendendola di fatto “instancabile”.

Macchine biologiche per molecole terapeutiche

I più che promettenti risultati ottenuti dimostrano la capacità di creare “macchine biologiche” iper-efficienti, capaci di sostenere la produzione continua di prodotti di interesse, proprio come le macchine industriali. La potenza di questo studio pionieristico sta nella possibilità di essere esteso alla produzione di altre proteine soprattutto quelle d’interesse terapeutico inserendo diversi DNA sintetici, contenenti diverse “istruzioni”, in grado di produrre proteine specifiche, per esempio, anticorpi o proteine che entrano in gioco nei nostri meccanismi difensivi e nei processi infiammatori, gettando le basi per una nuova evoluzione della medicina.

Riferimenti: Nature Communications

Credits immagine di copertina: CDC on Unsplash

Ottavia Bettucci

Laura e PhD in Chimica, fa parte del team Tissue Electronics al Center for Advanced Biomaterials for Healthcare (CABHC-IIT Napoli), dove si occupa dello sviluppo di celle fotovoltaiche organiche in campo biologico. Appassionata di divulgazione scientifica, collabora con Galileo scrivendo di tecnologia.

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