Sclerosi multipla e CCSVI su Nature

    La terapia per la sclerosi multipla proposta dal professor Paolo Zamboni dell’Università di Ferrara – di cui Galileo ha dato ampia coperturaè ora arrivata sulle pagine di Nature. Secondo il chirurgo italiano uno dei fattori scatenanti la sclerosi multipla sarebbe un’anomalia a livello venoso (CCSVI, vedi Galileo), risolvibile tramite un intervento di angioplastica. Nel commento di Roger Chafe del Memorial University of Newfoundland si parla del Canada, uno dei paesi, insieme all’Italia, dove il dibattito è più acceso.E dove i pazienti premono di più sulla comunità scientifica perché accolga l’ipotesi Zamboni.

    In Canada, infatti, la teoria del medico ferrarese ha avuto un’ampia diffusione mediatica, ma è rimasta fuori dai consessi scientifici. Né la Multiple Sclerosis Society of Canada (MSSC), né gli enti di ricerca indipendenti sparsi sul territorio, infatti, hanno dato inizio a trial clinici per verificare l’efficacia del trattamento chirurgico. E, ovviamente, non hanno dato il loro benestare a eseguire le angioplastiche sui malati. La posizione dei medici e delle società scientifiche canadesi è chiara: in assenza di evidenze certe, lo sviluppo di trial interventistici potrebbe essere troppo rischioso per i pazienti. Per ora, la MSSC si limita a finanziare studi osservazionali per verificare l’associazione tra le due patologie, proprio come sta facendo in Italia l’Aism-Fism (vedi Galileo). 

    C’è un risvolto della medaglia: alcuni pazienti hanno fatto le valigie e sono partiti diretti verso cliniche private estere per sottoporsi a interventi di angioplastica. Non senza rischi. Nel frattempo i sostenitori del metodo Zamboni hanno continuato a crescere, grazie soprattutto a Facebook e Youtube, usati per diffondere le testimonianze positive di chi si è già sottoposto alla cosiddetta “terapia della liberazione”. E dai social media continuano le richieste di accesso pubblico agli interventi di angioplastica o di trial clinici, “senza –  come sottolinea Nature  – che se ne conoscano necessariamente le potenziali limitazioni”. Secondo la rivista, il fenomeno dei social media pone due diversi quesiti. Il primo di comunicazione medico-paziente: ovvero, se il pubblico usa i social network per organizzarsi e diffondere informazioni, forse gli scienziati dovrebbero fare lo stesso, cercando di spiegare tutti gli aspetti di una problematica.

    Il secondo è questo: può la mobilitazione sociale influenzare il funzionamento della ricerca? Normalmente infatti, i trial interventistici hanno luogo solo dopo studi osservazionali incoraggianti. C’è però la possibilità che la voce dei social network possa esercitare una forte pressione nei confronti delle istituzioni politiche e scientifiche per favorire l’inizio di trial clinici, prima ancora che sia raggiunto un consenso scientifico. Una posizione giustificabile in determinati casi, secondo Nature, quando viene adottata per esempio per evitare che i malati scelgano di farsi operare chissà dove, esponendosi a ulteriori rischi. Una situazione, questa, non lontana da quella che si è verificata in Italia, dove, come dichiarato dal professor Massimo Del Sette (vedi Galileo), per motivi di “salute pubblica” si è deciso di dare il via a un “studio scientifico rigoroso” di intervento, come BRAVE DREAMS in cui includere i pazienti.

    Riferimenti: Nature, Volume: 472, 410–411, doi:10.1038/472410°

    1 commento

    1. Negli ultimi giorni la stampa italiana ed internazionale ha dedicato ampio spazio ad un articolo pubblicato sulla prestigiosa rivista americana Nature, scritto da alcuni medici canadesi per commentare quanto sta avvenendo nei social network in merito alla scoperta del prof. Zamboni sulla correlazione tra la CCSVI (acronimo inglese di insufficienza venosa cronica cerebro spinale) e la sclerosi multipla, patologia gravemente invalidante che colpisce soprattutto giovani tra i 20 e i 40 anni con maggiore incidenza tra le donne (2 a 1 rispetto agli uomini).

      Nell’articolo pur partendo da un fatto reale e dal mio punto di vista altamente positivo, dove i social network hanno assunto una funzione attiva per la diffusione veloce delle informazioni, si legge purtroppo una specie di bla bla bla pieno di pregiudizi verso questo studio con una lettura dei dati a senso unico tutta tesa a cercare in qualche modo di smontare la ricerca del prof. Zamboni, quasi a dimostrare come gli inernauti siano degli ingenui a credere a tutto ciò che leggono.

      Purtroppo i medici canadesi autori dell’articolo hanno perso invece una bella occasione per fare un’analisi seria ed imparziale di quanto stia avvenendo, per capire ad esempio come mai le Associazioni Sclerosi Multipla di tutto il mondo abbiano, metaforicamente parlando, cercato di nascondere per molto tempo questi studi che sono partiti da molto lontano in termini temporali, nonostante la crescente richiesta d’informazioni dei malati per una patologia che rovina la vita di persone giovani, nel pieno della loro vita sociale e lavorativa.

      La ricerca sulla CCSVI procede comunque a passi da gigante in tutto il mondo e non sarà certo un articoletto a bloccare gli studi e le speranze. Arthur Schopenhauer, filosofo tedesco che tutti conosciamo scrisse molto tempo fa: “La verità passa per tre gradini: prima viene derisa e ridicolizzata, poi viene ferocemente contrastata, infine viene accettata come palese ovvietà.”

      Che abbia avuto ragione anche per questo caso?

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