Se il farmacista diventa obiettore

     

    In attesa di leggere il parere del Comitato Nazionale per la Bioetica sulla possibilità per i farmacisti di fare obiezione di coscienza, è necessario esprimere alcune preoccupazioni sulla notizia riportata dalla stampa e sintetizzata da un comunicato della Presidenza del Consiglio del 25 febbraio scorso. Il parere del Cnb è stato sollecitato da un quesito del deputato Udc Luisa Capitanio Santolini riguardo alla liceità della “clausola di coscienza invocata dal farmacista per non vendere quei prodotti farmaceutici di contraccezione d’emergenza anche indicati come “pillola del giorno dopo”, per i quali nel foglio illustrativo non si esclude la possibilità di un meccanismo d’azione che porti all’eliminazione di un embrione umano”.

    Ricordiamo che oggi in Italia sono tre le leggi che prevedono l’obiezione di coscienza: la legge 194/1978 sull’interruzione volontaria di gravidanza; la legge 413/1993 sulla sperimentazione animale; la legge 40/2004 sulla tecniche di riproduzione artificiale.

    Nel discutere di contraccezione d’emergenza il riferimento normativo e morale è l’interruzione volontaria di gravidanza. Ma questo riferimento è scorretto e rischia di alimentare la confusione: la cosiddetta pillola del giorno dopo, infatti, agisce come contraccettivo e non come abortivo. Pertanto l’analogia si indebolisce fino a diventare inutile, anzi sbagliata. Lo stesso Cnb deve rendersene in parte conto, perché rimanda al foglio illustrativo che non esclude “una azione abortiva”.

    I problemi sono numerosi e gravi. Riguardano la definizione stessa di obiezione di coscienza e, soprattutto, l’effettivo funzionamento di un servizio pubblico e sottoposto a monopolio. Non posso acquistare la contraccezione d’emergenza che è in vendita in farmacia, e il farmacista è l’unico che può soddisfare la mia prescrizione. Eppure il Cnb accetta di aprire una faglia nella garanzia di un simile servizio richiamando la clausola di coscienza.

    Non basta che il comunicato ricordi che “l’obiezione di coscienza, che ha un fondamento costituzionale nel diritto generale alla libertà religiosa e alla libertà di coscienza, deve pur sempre essere realizzato nel rispetto degli altri diritti fondamentali previsti dalla nostra Carta costituzionale e fra questi l’irrinunciabile diritto del cittadino a vedere garantita la propria salute e a ricevere quella assistenza sanitaria riconosciuta per legge”. Non basta perché non viene indicato nessun meccanismo di bilanciamento per garantire i diritti di chi chiede, preoccupandosi di proteggere soltanto chi non vuole esaudire la richiesta perché crede – senza alcun supporto scientifico – che la contraccezione d’emergenza possa eliminare un embrione.

    Per il Cnb è sufficiente sottolineare che “la consegna del prodotto contribuisce a un eventuale esito abortivo in una catena di causa ed effetti senza soluzione di continuità” per considerare il farmacista alla pari di un medico che non vuole eseguire una interruzione di gravidanza.

    Ci si chiede dove questa catena causale può fermarsi: quanti sono a contribuire all’eventuale esito abortivo? Anche chi guida il taxi fino alla farmacia? O l’impiegato che fa lo scontrino? L’obiezione può essere estesa anche agli altri tipi di contraccezione (si pensi soprattutto allo Iud che agisce in modo simile alla cosiddetta pillola del giorno dopo)?

    Sebbene alcuni membri del Comitato abbiano ricordato che consentire di fare obiezione ai farmacisti significherebbe permettere loro di scavalcare il medico e di intromettersi nelle vite private dei richiedenti, ciò non è bastato a fermare i rappresentanti del moralismo più aggressivo.

    Se questo parere dovesse diventare una legge (non dimentichiamoci che nella primavera 2010 è stato presentato un disegno di legge avente come oggetto proprio la possibilità per i farmacisti di fare obiezione) i diritti dei singoli verrebbero ulteriormente minacciati.

    Una simile concessione non sarebbe affatto la garanzia di una libertà, ma un vero e proprio sopruso. Gli unici interessi che verrebbero garantiti sono quelli dei nostalgici del paternalismo e di quanti vogliono decidere per gli altri, sicuri di avere in tasca una verità che merita di essere affermata.

    È bene non dimenticare che si sceglie di fare il farmacista e che ogni professione implica dei doveri e non solo dei privilegi. Uno di questi doveri dovrebbe essere quello di vendere i farmaci prescritti senza intromettersi in questioni morali o spirituali. Anche perché sono molti i farmaci che potrebbero avere come effetto l’eliminazione di un embrione umano, anche farmaci prescritti per altre ragioni. Come dovrebbe comportarsi il farmacista al riguardo? Dovrebbe forse rifiutarsi di vendere il Cytotec, farmaco gastroprotettore ma i cui effetti sono abortivi? Perché magari hai l’ulcera, ma chi può dire che le tue recondite intenzioni non siano di eliminare un embrione umano?

    1 commento

    1. la strategia è chiara. Vogliono riportare indietro la donna di 50 anni. Nell’articolo si cita lo IUD che agisce in modo simile, ma anche nel foglietto illustrativo di varie pillole anticoncezionali viene riportato che “alterazioni dell’endometrio possono contribuire all’efficacia del farmaco” oppure che l’uso del contraccettivo “rende l’endometrio inidoneo all’annidamento” oppure ancora che “il cambiamento dell’endometrio riduce le probabilità dell’impianto”. E’ quindi evidente l’attacco a tutto campo alla contraccezione!

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