Il suono dei buchi neri dà ragione ad Einstein

buchi neri

La fusione di due buchi neri in un buco nero più grande, il processo che porta alla generazione delle onde gravitazionali, non smette di stupirci. E di fornire informazioni essenziali per capire come funziona l’universo. Oggi un gruppo internazionale di ricerca ha rilevato due particolarissime vibrazioni, associate a specifiche frequenze, durante la fusione dei buchi neri. Un risultato ritenuto impossibile con le attuali strumentazioni, arrivato con 10 anni di anticipo. Sono nuove informazioni che ci aiutano a capire come è fatto un buco nero, e confermano la descrizione che ne aveva fatto Einstein nella sua teoria della relatività generale. I risultati sono pubblicati in due studi su Physical Review Letters e in un’altra ricerca su arXiv.

La fusione di due buchi neri

Quando due buchi neri collidono lo scontro produce un buco nero gigantesco e di riflesso massicce increspature dello spaziotempo, le onde gravitazionali. Fino ad oggi si parla di circa una trentina di eventi di onde gravitazionali osservate (anche se non tutti sono d’accordo). Queste onde fanno vibrare lo spaziotempo e per questo il loro segnale può essere convertito opportunamente in un suono. Qui l’animazione realizzata dagli scienziati in cui le onde gravitazionali sono convertite in onde sonore.

Crediti: Ligo Caltech Mit

Buchi neri, ecco i loro “toni”

Gli scienziati hanno analizzato meglio i dati delle prime onde gravitazionali, quelle relative all’evento che nel 2015 ha portato l’interferometro Ligo, insieme a Virgo, alla loro scoperta. Hanno ripreso in mano quel segnale e la sua conversione in un suono, analizzando ancora meglio la simulazione. E si sono accorti che nella “traduzione sonora” delle onde gravitazionali, oltre al suono principale, che corrisponde a una frequenza cosiddetta fondamentale, ci sono anche degli altri “toni”.

Questi toni, detti ipertoni, sono componenti sonore con una particolare e precisa frequenza, multipla di quella fondamentale. I ricercatori li hanno rilevati non quando il mega buco nero era già formato, come previsto dalle teorie, ma quando la fusione era ancora in fase di assestamento e “borbottava” oscillando. Rilevare gli ipertoni in questa fase era considerata un’impresa quasi impossibile: troppo deboli per essere rilevati dagli strumenti. Questa volta, invece, gli scienziati sono riusciti a identificarne ben due.

Einstein aveva ragione, ancora una volta

Ma non è tutto. Questi toni sono importanti da individuare perché possono svelarci proprietà essenziali di un buco nero, come la massa e il momento angolare.

Secondo il teorema detto dell’essenzialità, che rientra anche nella teoria di Einstein, un buco nero può essere definito in maniera completa solo attraverso queste due grandezze, massa e momento angolare. I risultati di oggi provano sperimentalmente la validità del teorema e dunque della teoria di Einstein.

Onde gravitazionali, verso nuovi panorami

Ligo e Virgo saranno sempre più precisi e sensibili alle onde gravitazionali. In questo modo sarà possibile rilevare un numero sempre maggiore di toni nascosti nelle pieghe dell’Universo. “Con il primo rilevamento di onde gravitazionali da parte di Ligo, abbiamo confermato le previsioni fatte dalla relatività generale”, sottolinea Alan Weinstein, docente di fisica al Caltech e membro del consorzio Ligo. “Adesso, cercando i suoni armonici e persino i segnali più deboli chiamati modi di ordine superiore, stiamo facendo test più approfonditi e cercando potenziali evidenze del fallimento della teoria”.

Riferimenti: Physical Review Letters, arXiv

Crediti immagine: Sxs, The simulating extreme spacetimes (Sxs) Project. L’immagine rappresenta una simulazione di come possa sembrare un buco nero derivante dalla fusione di due buchi neri. È stato creato dalla risoluzione delle equazioni della teoria della relatività generale di Einstein utilizzando i dati di Ligo dell’evento GW150914

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