WorldWatch Institute
State of the World 2006.
Special Focus: China and India
W W Norton & Company, 2006
pp. 244, euro 34,30
Sono lanciatissime nel panorama dell’economia globale e possono determinare gli sviluppi futuri della Terra. Cina e India, con i loro tassi di crescita attuali, possono diventare una minaccia e una fonte di instabilità ecologica e politica, o al contrario avviare un percorso di sviluppo basato su tecnologie efficienti e una migliore gestione delle risorse. Tutto dipenderà da cosa decideranno i 2,5 miliardi di cinesi e indiani in materia di consumo energetico, di alimentazione e di materie prime. È quanto emerge dal rapporto 2006 del Worldwatch Institute, che oltre a fotografare l’impatto delle due economie, traccia lo stato di salute del Pianeta attraverso 10 indicatori. Oggi, nel complesso, Stati Uniti, Europa, Giappone, Cina e India sfruttano il 75 per cento della “biocapacità” del pianeta, lasciando solo il 25 per cento al resto del mondo. Ci sono però delle differenze forti tra ognuno di questi paesi. Il consumo di cereali degli Stati Uniti, si legge nel rapporto, supera di tre volte quello della Cina e di cinque volte quello dell’India. Le emissioni di anidride carbonica degli Usa sono sei volte quelle della Cina e 20 quelle dell’India. E ancora, il cittadino medio statunitense ha un’impronta pari a 9,7 ettari, con una crescita tra il 1992 e il 2002 del 21 per cento, contro un’impronta di 1,6 ettari globali del cittadino cinese e di 0,8 ettari in India. Cosa succederebbe, quindi, se questi due paesi consumassero risorse e producessero inquinamento ai livelli degli Stati Uniti? La possibilità che ciò avvenga non è irrealistica. Nonostante il consumo procapite di risorse in Cina e in India sia ancora a livelli modesti, l’enorme concentrazione demografica lascia presagire che i due paesi raggiungeranno Stati Uniti ed Europa in termini di pressione sugli ecosistemi mondiali. Nel 2005 la Cina da sola ha consumato il 26 per cento dell’acciaio mondiale, il 32 per cento del riso e il 47 per cento del cemento. Secondo i dati del WorldWatch Institute, la Cina dispone solo dell’8 per cento dell’acqua dolce presente sul pianeta, ma deve soddisfare i bisogni del 22 per cento della popolazione mondiale. Si prevede che entro il 2025 in India la domanda idrica nelle città possa raddoppiare e quella nell’industria triplicare. E mentre il consumo di petrolio in India è raddoppiato rispetto al 1992, la Cina, che a metà degli anni Novanta registrava un consumo prossimo ai livelli di autosufficienza, nel 2004 è diventata il secondo importatore mondiale di petrolio. Fatto sta che oggi le compagnie petrolifere cinesi e indiane cercano l’oro nero in paesi come il Sudan o il Venezuela, ed entrambi gli stati hanno iniziato a sviluppare quelle che saranno due delle più grandi industrie automobilistiche del mondo. I due paesi sono rimasti i soli grandi sistemi energetici dominati dal carbone, dal momento che questo combustibile fornisce due terzi dell’energia in Cina e il 50 per cento in India. Si capisce quindi perché il ruolo di queste economie sarà fondamentale per frenare il cambiamento climatico globale. La Cina è già al secondo posto mondiale nell’emissione di anidride carbonica, mentre l’India al quarto. La cosa che fa ben sperare, però, è che i due colossi non sembrano proiettati verso lo sfruttamento intensivo delle risorse ma piuttosto verso la sostenibilità. Già ora, l’industria cinese del solare fornisce acqua calda a 35 milioni di edifici, mentre in India un utilizzo pionieristico del recupero delle acque piovane assicura rifornimenti idrici a decine di migliaia di case. Inoltre, l’India ha già la quarta industria mondiale nel campo delle tecnologie per l’energia eolica e si posiziona al quarto posto per la produzione di etanolo dopo la Cina.È necessario, a questo punto, che Europa e Usa stabiliscano una maggiore cooperazione con i due paesi asiatici al fine di sviluppare nuovi sistemi agricoli ed energetici e massimizzare l’efficienza delle risorse. Per far questo si devono intensificare gli scambi culturali e professionali, ma anche aprire alle due potenze le porte di organismi internazionali come il G-8 e l’International Energy Agency. Tra i trend ambientali elencati nel rapporto, non si parla solo di Cina e India ma anche di industria della carne, biocombustili, acqua, nanotecnologie. Per citare alcuni dati, sono 2040 i chilometri cubi d’acqua che serviranno ogni anno per soddisfare il fabbisogno idrico degli 1,7 miliardi di persone che dovrebbero aggiungersi alla popolazione mondiale entro il 2030. E, nota positiva, dal 2000 la produzione globale di etanolo è più che raddoppiata e quella di biodiesel è triplicata, a fronte di una produzione di petrolio cresciuta solo del 7 per cento.