Nel naso, nella gola e nei polmoni degli asintomatici c’è una carica virale simile ai pazienti che invece mostrano i sintomi tipici dell’infezione del nuovo coronavirus. A suggerirlo è un nuovo studio svolto dai ricercatori della Soonchunhyang University (Corea del Sud), che fornisce ulteriori prove a sostegno dell’idea che anche gli asintomatici possano diffondere il Sars-Cov-2. I risultati, pubblicati sulla rivista Jama Internal Medicine, tornano così ad alimentare l’acceso dibattito su quanto siano effettivamente contagiosi i pazienti positivi al nuovo coronavirus, senza sintomi.
Fin dall’inizio della pandemia, infatti, la scienza sta provando a capire il misterioso ruolo degli asintomatici nella trasmissione della Covid-19. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) e l’Istituto superiore di sanità (Iss), infettarsi da persone senza sintomi è un’eventualità “rara” o “molto rara” e non è tra le principali vie di contagio del nuovo coronavirus. Tra i motivi c’è quello che il virus si trasmette tramite le famose goccioline di saliva infette, e quindi chi non ha sintomi, come la tosse, ha meno probabilità di far arrivare le sue particelle virale a chi è nelle immediate vicinanze. Ma gli scienziati hanno fin da subito mostrato perplessità: secondo alcuni, il contagio da asintomatici è possibile e non affatto raro. Per esempio, come vi avevamo raccontato, il virologo dell’Università di Padova Andrea Crisanti, riferendosi allo studio del comune di Vo’ Euganeo, affermava che il 43% delle persone positive al coronavirus erano asintomatiche e contagiose come quelle che mostravano sintomi.
Nel nuovo studio, il team di ricercatori ha analizzato con la tecnica della Pcr real-time i tamponi raccolti tra il 6 e il 26 marzo scorso da 303 persone, di età compresa tra i 22 e i 36 anni, messe in isolamento a Cheonan, città della Corea del Sud. Sul totale, 193 erano sintomatici e 110 erano asintomatici e tra coloro che inizialmente erano asintomatici, 89 pazienti, circa il 30% del totale, non ha mai sviluppato sintomi (quindi sarebbe più corretto chiamare i restanti pazienti presintomatici). Dalle successive analisi, i ricercatori hanno scoperto che le persone senza sintomi presentavano sia nelle vie aeree superiori che quelle inferiori livelli di carica virale elevati e simili alle persone con i sintomi. Non solo: in media, gli asintomatici hanno presentato la negatività al tampone prima rispetto ai sintomatici, rispettivamente di 17 e 19,5 giorni.
Tuttavia, come sottolineano gli stessi ricercatori, lo studio ha analizzato solamente il materiale genetico del coronavirus (l’rna virale) presente nei pazienti e non ha dimostrato quanto i pazienti fossero effettivamente contagiosi. La domanda su quale ruolo svolgano nella diffusione di Covid-19, quindi, è ancora aperta e serviranno ancora molti dati e prove per arriva a una conclusione definitiva. “Sebbene l’elevata carica virale che abbiamo osservato nei pazienti asintomatici sollevi una chiara possibilità di rischio di trasmissione, il nostro studio non è stato progettato per dimostrarlo”, spiegano i ricercatori nello studio. “È importante notare, infatti, che l’identificazione dell’rna virale non equivale alla presenza e alla trasmissione di virus infettivi. Per una migliore comprensione sulla potenziale trasmissibilità dell’infezione asintomatica sono necessari ampi e rigorosi studi epidemiologici e sperimentali”. Ma nel frattempo, suggerisce il team, “l’isolamento dei pazienti asintomatici è necessario per controllare la diffusione del nuovo coronavirus”.
Via: Wired.it
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Credits immagine di copertina: Waldemar Brandt on Unsplash
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