Le donne sono meno brave in matematica?

Le donne sono meno brave in matematica degli uomini? No, se hanno la fortuna di abitare in un paese in cui viene assicurata l’equità di genere in diversi aspetti della vita collettiva. Se è vero infatti che le differenze tra i sessi nella risoluzione di problemi logici sembrerebbero essere dovute più a fattori culturali che genetici (vedi Galileo, Bambine e matematica: i pregiudizi delle mamme pesano), uno studio pubblicato su Notices of the American Mathematical Society bolla definitivamente la presunta superiorità maschile nella scienza dei numeri come un mito da sfatare. Non sarebbe la biologia a rendere le donne meno portate per la matematica, ma un contesto sociale e culturale non favorevole, come la mancanza di emancipazione. E se la parità tra i sessi è maggiore, sia maschi che femmine sono più bravi nei numeri.

L’idea di un divario a radice “cromosomica” nelle abilità matematiche fu proposta nel 2005 da Lawrence Summers, allora presidente di Harvard, con il nome di “ipotesi della più alta variabilità maschile”. Secondo questo modello statistico, le capacità matematiche della popolazione maschile sono molto più disperse attorno alla media, rispetto a quelle dell’altro sesso. In altre parole, tra gli uomini si conterebbero più “Einstein” (ma anche più “asini”) che tra le donne. Ecco perché, secondo Summers, è più raro che un eccellente matematico sia donna.

Per verificare questa ipotesi, Janet Mertz e Jonathan Kane dell’Università di Wisconsin-Whitewater (Usa) hanno analizzato i risultati dei test internazionali di matematica, rivolti a studenti di 86 nazionalità diverse. Una prima scoperta è stata che in alcuni paesi (quelli culturalmente più sviluppati) non si registra il famoso “gender gap” per la matematica. Valutando poi, stato per stato, il grado di equità sociale fra i sessi (misurato in base alle differenze nei salari, nell’educazione e nella partecipazione alla vita politica), gli autori dello studio hanno osservato che la “penalizzazione” delle donne in matematica è tanto più piccola quanto più queste sono emancipate.

Come spiegano gli scienziati, infatti, una società in cui vige l’equità di genere non solo livella le differenze di apprendimento fra ragazzi e ragazze, ma innalza anche il grado medio di “competenza” nella matematica tra maschi e femmine. “Il quadro ha senso in quanto, se le donne raggiungono alti livelli di educazione e guadagnano un buono stipendio, i risultati in matematica dei loro figli – di entrambi i sessi – ne risentono positivamente”, ha concluso Jonathan Kane.

Riferimenti: Notices of the American Mathematical Society  DOI: http://dx.doi.org/10.1090/noti790

1 commento

  1. Il problema, come sostiene Evelin Fox Keller, docente alla Boston University, è carico di aspetti fondativi che assumono connotati di genere : la struttura della didattica “in uso” si riferisce alle caratteristiche cognitive maschili, e ciò determina quella “riluttanza” femminile nei riguardi della matematica che alimenta il luogo comune della “incapacità femminile”di fronte a un ambito considerato “naturalmente” maschile. Occorre, quindi, attivare un’ottica metodologica nuova, e utilizzare un diverso “linguaggio di servizio”, anche in considerazione della pluralizzazione del concetto di intelligenza (v. Daniel Goleman).

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