Consulta: “no al limite dei tre embrioni”

    La legge 40 del 2004 sulla procreazione medicalmente assistita (Pma) è in parte anticostituzionale. La Consulta ha infatti dichiarato illegittime sia la frase contenuta nel comma 2 dell’articolo 14, che prevede la formazione di un numero massimo di tre embrioni da impiantare tutti insieme nell’utero, sia la parte del comma 3 dello stesso articolo per cui il trasferimento degli embrioni deve essere effettuato il prima possibile senza pregiudizio della salute della donna. I giudici non si sono espressi invece sulla crioconservazione. La Corte ha dichiarato inammissibili, per difetto di rilevanza nei giudizi principali, la questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 6, inerente l’irrevocabilità del consenso della donna, e dei commi 1 e 4 dell’articolo 14 (qui il link alla pagina con la nota informativa). Entro venti giorni la sentenza verrà stilata e depositata in Cancelleria. Il mercoledì successivo alla deposizione, sarà pubblicata sulla serie speciale della Gazzetta Ufficiale dedicata alla Corte Costituzionale ed entrerà in vigore dal giorno seguente.

    L’intervento della Consulta si è reso necessario a seguito di tre ordinanze – due del Tribunale Civile di Firenze una del Tar del Lazio – secondo cui la norma non tutela la salute della donna e viola quindi alcuni articoli della Costituzione (in particolare l’art. 3 e l’art. 32). Di queste, l’ultima in ordine temporale è quella emessa lo scorso luglio dal Tribunale di Firenze riguardo a una coppia milanese che ha richiesto non solo una diagnosi pre-impianto – attualmente consentita per alcune malattie genetiche e a trasmissione sessuale (Diagnosi possibili, Linee guida da riscrivere, Sì alla diagnosi pre-impianto) -, ma anche che il numero di embrioni su cui svolgere le analisi fosse pari a sei, piuttosto che a tre, e che questi non fossero impiantati contemporaneamente. La donna soffre infatti di esostosi, una malattia che porta all’accrescimento del tessuto osseo e che può essere trasmessa ai figli con una probabilità del 50 per cento. La coppia ha chiesto, inoltre, la possibilità di revocare il proprio consenso all’impianto, e di crio-conservare gli embrioni soprannumerari (Ragionevoli dubbi).

    Peraltro non è la prima volta che la legge 40 finisce davanti alla Corte Costituzionale. Nel 2006 la Consulta aveva respinto il ricorso del Tribunale di Cagliari contro il divieto di diagnosi pre-impianto per una coppia portatrice sana di anemia mediterranea (Quella diagnosi negata).

    Intanto, il 30 marzo scorso, il Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali ha pubblicato la relazione annuale sullo stato di attuazione della legge 40 relativa alle attività del 2007. Le informazioni fornite da cento centri specializzati in Pma (dei 342 presenti sul nostro territorio), indicano un aumento del numero di coppie che ricorrono alle tecniche e quindi di gravidanze (dello 0,7 per cento in riferimento ai cicli effettuati) rispetto all’anno precedente. Dall’altro lato, però, si registra una media nazionale di parti trigemini del 2,7 per cento (che però varia dallo zero al 13,3 per cento), superiore alla media europea (qui il link alla relazione del Ministro Maurizio Sacconi  e alla sintesi).

    Se il numero assoluto cresce, un’indagine Censis  dello scorso febbraio su 600 coppie sterili rivela che per la stragrande maggioranza di queste (77,4%), la legge 40 ha ridotto le possibilità di diventare genitori (Legge 40: più difficile diventare genitori), come l’ex ministro Livia Turco aveva dichiarato al Parlamento, con il rapporto del 2007 sui primi tre anni dell’applicazione della normativa (Meno gravidanze con la legge 40).

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