La misteriosa fine della civiltà della valle dell’Indo

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La civiltà della Valle dell’Indo deve ai monsoni la sua ascesa e il suo declino. Circa quattromila anni fa, il diminuire delle piogge frenò lo straripamento dei fiumi rendendo le valli che si estendevano dal Mar Arabico al Gange il luogo ideale per avviare una fiorente agricoltura e costruire le prime città. Alla lunga, però, la poca acqua rese impossibile coltivare la terra e spinse la popolazione a spostarsi altrove. È questo lo scenario ricostruito da un gruppo di ricerca coordinato da Liviu Giosan della Woods Hole Oceanographic Institution, negli Usa, in uno studio pubblicato su Pnas.

Ascesa e declino della civiltà della Valle dell’Indo

Quasi cinquemila anni fa, la Civiltà della Valle dell’Indo viveva il suo massimo splendore. Estesa su una superficie di oltre un milione di chilometri quadrati nei territori che oggi appartengono al Pakistan, all’India nord-occidentale e all’Afghanistan orientale, fu una delle prime, più importanti culture urbane dell’antichità. Gli scavi iniziati a partire dagli anni Venti del Novecento portarono alla luce migliaia di reperti di rotte commerciali, edifici, manufatti e un sistema di scrittura ancora da decifrare. Poi, tra i 3900 e i 3000 anni fa, iniziò il suo declino, per motivi tutt’altro che chiari.

La mappatura digitale

“Abbiamo ritenuto fosse finalmente ora di contribuire al dibattito sulla misteriosa fine di questo popolo”, afferma Giosan. La sua équipe ha lavorato in Pakistan dal 2003 al 2008 mettendo assieme dati archeologici e geologici. Per prima cosa, i ricercatori hanno elaborato mappe digitali del territorio utilizzando foto satellitari e dati topografici collezionati dalla Shuttle Radar Topography Mission, la missione congiunta NASA-NGA (National Geospatial-Intelligence Agency) che ha permesso di mappare in tre dimensioni la superficie del globo terrestre con un livello di dettaglio mai raggiunto prima. Poi sono passati alla raccolta e all’analisi di campioni del terreno per risalire all’origine dei sedimenti e per capire come furono modificati nel tempo dall’azione di fiumi e vento. Combinando queste informazioni con i dati archeologici, hanno infine ricostruito lo scenario che vide l’ascesa, e il declino, della civiltà della Valle dell’Indo.

Harappa antichi migranti del clima

Il destino della popolazione di Harappa, dal nome del primo insediamento scoperto nel 1857, fu affidato ai monsoni. All’inizio, le piogge abbondanti alimentavano l’Indo e gli altri fiumi provenienti dall’Himalaya provocando inondazioni che lasciavano le pianure circostanti molto fertili. Poi i monsoni iniziarono a diminuire, i fiumi smisero di straripare e la popolazione fu libera di costruire i suoi insediamenti lungo i corsi d’acqua, dove la fertilità del terreno rese fiorente l’agricoltura. Alla fine però, la scarsità di precipitazioni diede il colpo di grazia alle pratiche agricole e costrinse la popolazione a spostarsi verso est nella piana del Gange, dove le piogge continuavano. Ma ciò cambiò radicalmente la cultura: le grandi città lasciarono il posto a piccole comunità agricole, segnando la fine della civiltà urbana della Valle dell’Indo.

Sarasvati, il settimo fiume dei Veda

Oltre a questo mistero, i ricercatori statunitensi credono di aver risolto anche quello del mitico Sarasvati, uno dei sette fiumi che, secondo gli antichi testi indiani Veda, attraversava la regione a ovest del Gange e veniva alimentato dai ghiacciai perenni dell’Himalaya. Oggi si pensa che il Sarasvati corrisponda al Ghaggar, un fiume intermittente che scorre solo nella stagione monsonica per poi dissiparsi nel deserto lungo la valle di Hakra. Se ciò fosse vero, i dati geologici non confermerebbero l’origine himalayana del Sarasvati. Sembra invece che il fiume sia stato sempre alimentato dai monsoni e che la desertificazione lo abbia infine ridotto a un corso d’acqua stagionale.

Riferimenti: Pnas doi:10.1073/pnas.1112743109

Credit immagine a t3rmin4t0r / Flickr

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