Il caso del paziente con tumore che ha portato il glifosato in tribunale

Il glifosato, l’erbicida più usato al mondo, finisce nuovamente sotto accusa. Questa volta in prima linea per sostenere la sua battaglia legale contro il glifosato è un uomo malato di cancro, il primo ad arrivare in tribunale di oltre 4000 pazienti che avevano già denunciato in passato contro l’erbicida. Come racconta la Cnn, si tratta di Dewayne Johnson, un agricoltore californiano di 46 anni malato di cancro e in fin di vita, che ha accusato il gigante Monsanto, sostenendo che il suo famoso erbicida, il Roundup, gli avrebbe causato il linfoma non Hodgkin, un tumore maligno del tessuto linfatico.

Monsanto ha falsificato i dati e ha attaccato studi che hanno evidenziato i pericoli dei suoi erbicidi, conducendo una lunga campagna di disinformazione per convincere agenzie governative, agricoltori e consumatori che Roundup fosse sicuro”, ha dichiarato in una nota Michael Miller, avvocato di Johnson. “Vogliamo ora mostrare come Monsanto ha nascosto i dati sul rischio di cancro e inquinato la scienza. Monsanto non vuole che la verità su Roundup e sul cancro diventi pubblica”.

Da anni infatti la grande domanda che ruota intorno al glifosato è se questo erbicida possa o meno causare il cancro e il riferimento di Miller non è solo alle valutazioni in materia di sicurezza quanto anche alle polemiche e agli scandali che l’hanno accompagnate. Proviamo a ricapitolarle.

Nel marzo 2015, l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) aveva classificato il glifosato tra le sostanze probabilmente cancerogene, ma alla fine dello stesso anno l’European Food Safety Authority (Efsa) aveva in parte smentito questa conclusione sostenendo che “le prove scientifiche disponibili non soddisfano i criteri per classificare il glifosato come un agente cancerogeno, mutageno o come tossico per la riproduzione”. Nei mesi successivi, tuttavia, erano emersi dubbi sull’affidabilità di questi processi di revisione dell’Efsa: per esempio, secondo un articolo del Guardian l’Efsa avrebbe copiato centinaia di pagine della suo rapporto dai documenti forniti direttamente dalla Monsanto. I dubbi sulla reale sicurezza del glifosato hanno quindi portato il Parlamento europeo a chiedere per il glifosato un’approvazione limitata e nuove revisioni. A maggio del 2016, è stato pubblicato  un rapporto dell’Oms e della Fao, che avrebbe sostanzialmente accettato le posizione dell’Efsa: il glifosato non rappresenta un reale pericolo per la salute umana.

Nel marzo del 2017, un’altra agenzia europea l’Echa (Agenzia europea per le sostanze chimiche), dopo aver analizzato un’enorme mole di dati scientifici, aveva concluso che le prove disponibili al momento confermavano la classificazione del glifosato come sostanza non cancerogena. Il glifosato, sottolineava l’agenzia, può causare gravi danni agli occhi e risultare tossico per gli organismi acquatici con effetti di lunga durata. Ma la tossicità per l’uomo e la cancerogenicità della sostanza, ha concluso l’Echa, non sono dimostrate dai dati scientifici disponibili.

Lo scorso novembre il grande dibattito europeo sul glifosato era giunto al termine: il comitato d’appello della Commissione europea ha deciso di rinnovare per altri 5 anni l’autorizzazione al commercio degli erbicidi contenenti glifosato. Una decisione, quindi, coerente con i pareri espressi dalle due agenzie europee , l’Efsa e l’Echa, ma che ha ignorato gli scandali emersi dai Monsanto Papers, i documenti che dimostrano gravi ingerenze sulla comunità scientifica e sugli organi di controllo da parte dell’azienda americana produttrice del RoundUp.

Oltreoceano, dove il Roundup è arrivato in tribunale, i livelli consentiti dell’erbicida sono più alti di quelli europei. Secondo uno studio della University of California San Diego School of Medicine pubblicato lo scorso ottobre su Jama, l’esposizione al glifosato attraverso alimenti contaminati era aumentata di addirittura il 500%. Per la ricerca, l’uso di questa sostanza chimica è aumentato di circa 15 volte dal 1994, da quando sono state introdotte colture geneticamente modificate resistenti al glifosato: in particolar modo viene utilizzato sulle coltivazioni di soia e mais, grano e avena.

Lo scorso dicembre, tuttavia, l’Epa, l’agenzia statunitense per la protezione ambientale, aveva pubblicato un rapporto in cui affermava che non solo il rischio di cancro è probabilmente assente, ma anche che non ci sono altri pericoli per la salute umana se la sostanza viene utilizzata in accordo con quanto scritto sulle etichette dei prodotti. “Analizzando più di 800 studi scientifici, l’Epa (Environmental Protection Agency), il National Institutes of Health e altre autorità di regolamentazione di tutto il mondo hanno concluso che il glifosato è sicuro e non causa il cancro”, spiega alla Cnn Scott Partridge, vicepresidente della Monsanto richiamandosi al parere dell’Epa. “Proviamo empatia per chiunque soffra di cancro, ma le prove scientifiche dimostrano chiaramente che il glifosato non ne è la causa. Non vediamo l’ora di presentare questa prova in tribunale”.

Ora, la battaglia sulla sicurezza del glifosato sembra quindi essersi spostata dalla agenzie di controllo a quelle dei tribunali. Non esattamente i luoghi più adeguati a discutere di scienza.

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