Tecnologia

Ecco Pepper, il robot che pensa ad alta voce

Chissà cosa ci direbbero gli assistenti vocali di Google e Alexa, o il navigatore della nostra macchina, se fossero in grado di raccontarci quello che “pensano”. Oggi in realtà siamo più vicini a saperlo: due scienziati italiani dell’Università di Palermo, Antonio Chella e Arianna Pipitone, hanno infatti messo a punto un algoritmo che rende un robot (Pepper, un modello già disponibile sul mercato) in grado di “pensare a voce alta”, comunicando all’utente cosa gli sta passando per il cervello (elettronico) e quali sono i processi e le motivazioni che lo portano a prendere una determinata decisione o a compiere una certa azione. I dettagli sono contenuti in uno studio appena pubblicato sulla rivista iScience.

“Se si riesce ad ascoltare cosa sta pensando un robot, magari si può avere anche più fiducia in lui”, spiega Chiella. “Potrebbe essere più facile comprendere il funzionamento dei robot anche per chi è un profano: potremmo riuscire a comunicare e collaborare meglio con il robot”. In gergo, questo meccanismo si chiama “inner speech”, ossia “discorso interiore”, ed è un fenomeno molto comune tra gli esseri umani, che sono soliti “pensare a voce alta” per avere più chiaro quello che stanno pensando, cercare consiglio dagli altri o prendere decisioni in maniera più consapevole.

Per comprendere se e come il discorso interiore potesse avere un effetto anche sulle azioni di un robot, i ricercatori hanno costruito un algoritmo cognitivo che fa sì che Pepper possa raccontare quello che sta pensando: testando il sistema, si sono resi conto che in questo modo Pepper riesce a risolvere più facilmente i problemi che gli vengono posti. In un esperimento, per esempio, hanno chiesto a Pepper di mettere un tovagliolo nel punto sbagliato della tavola (sbagliato dal punto di vista del galateo): il robot ha allora cominciato a porsi una serie di domande sul suo compito ed è arrivato alla conclusione che forse chi gli aveva dato l’ordine era un po’ confuso; a questo punto, ha chiesto all’utente conferma della sua richiesta, il che lo ha portato – nuovamente – a farsi un altro bel discorsetto interiore.

“Questa situazione mi infastidisce”, si è detto il robot. “Non vorrei mai infrangere le regole, ma d’altronde non posso disubbidire alla richiesta: farò quello che mi ha chiesto”, mettendo poi effettivamente il tovagliolo là dove gli era stato chiesto. Gli scienziati, ascoltando le parole di Pepper, sono riusciti a tracciare i suoi pensieri e comprendere che effettivamente il robot era in difficoltà, e che aveva scelto di risolvere il dilemma dando priorità alla richiesta umana. Comparando le prestazioni del robot con e senza discorso interiore, Pipitone e Chella hanno scoperto che Pepper riusciva a completare le attività più efficacemente quando era in grado di pensare a voce alta. Forse potremmo imparare anche noi qualcosa: pensare prima di agire non può farci che bene.

Riferimenti: iScience

Sandro Iannaccone

Giornalista a Galileo, Giornale di Scienza dal 2012. È laureato in fisica teorica e collabora con le testate La Repubblica, Wired, L’Espresso, D-La Repubblica.

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