Il pollice opponibile è più antico di quanto si credesse

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Secondo gli scienziati, uno dei momenti chiave dell’evoluzione umana è stato lo sviluppo del pollice opponibile caratteristico della nostra specie, particolare morfologico che garantisce la presa salda con cui divenne possibile utilizzare utensili. Tipicamente questo step evolutivo viene fatto risalire all’Homo habilis, un ominide vissuto 2,4 milioni di anni fa, ma un nuovo studio dell’Università del Kent ipotizza oggi che sia avvenuto quasi 800.000 anni prima, in un altro antico antenato della nostra specie: l’Australopitecus africanus.

 

La struttura delle mani degli esseri umani, per quanto simile a quella delle scimmie antropomorfe, si distingue per la presenza del pollice opponibile che conferisce alla nostra specie la capacità chiamata “presa di precisione”. Questa consiste nell’afferrare qualcosa tra il pollice e le altre dita imprimendo forza alla presa: in pratica ci permette di impugnare una penna per scrivere oppure di inserire un filo nella cruna di un ago. La struttura delle nostre mani è il risultato di milioni di anni di cambiamenti nello stile di vita dei nostri antenati, ma due, in particolare, sono gli eventi chiave che hanno portato a questa modifica strutturale: essere scesi dagli alberi e aver iniziato a utilizzare (e in seguito a creare) utensili.

Il primo pollice opponibile è dell’Australopithecus africanus

Matthew Skinner, Senior Lecturer in Antropologia biologica all’Università del Kent, ha condotto con il suo team uno studio, pubblicato sulla rivista Science, su resti di mani di esseri umani, scimmie antropomorfe e ominidi, confrontandone la struttura e, soprattutto, analizzandone il tessuto delle ossa trabecolari del metacarpo (caratterizzate da tessuto spugnoso che conferisce all’osso leggerezza e permette ai muscoli di muoverle più agevolmente) per capire come i nostri antenati usassero le proprie mani. Gli scienziati, attraverso l’uso di micro-Tac (una tecnica che permette di ottenere immagini anatomiche ad alta risoluzione di strutture scheletriche), hanno subito osservato differenze evidenti tra le scimmie antropomorfe, incapaci di assumere una posizione eretta, e gli umani, e che  la struttura del primo metacarpo (da cui si articola la falange del pollice) dell’Australopithecus africanus, un ominide risalente a 3,2 milioni di anni fa, è compatibile con quella umana.

L’Australopithecus africanus era perciò in grado di afferrare e utilizzare strumenti avendo la capacità strutturale per applicare la presa di precisione. La scoperta porta quindi indietro di ottocento mila anni l’orologio evolutivo umano, passando così lo scettro di primo uomo “abile” all’Australopiteco del Pliocene e confermando (come suggerito già in passato con l’Australopithecus garhi) che l’uso di utensili non fu una prerogativa del genere Homo.

Riferimenti: Science Doi: 10.1126/science.1261735

Credits immagine: T.L. Kivell & M. Skinner

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