“Salviamo gli scimpanzé dai bracconieri”, l’appello dei primatologi in prima linea

scimpanzé
Kitu, 2 anni, uccisa dai bracconieri con sua madre lo scorso settembre nelle foreste della Issa Valley in Tanzania.

Agosto 2019. E’ una giornata di sole a Ngogo, nel Kibale National Park, in Uganda, quando all’improvviso le grida degli scimpanzé squarciano il silenzio, facendo accorrere alcuni ricercatori nei pressi. Sono Kidman e suo figlio attaccati dai cani dei bracconieri. Nel tentativo disperato di salvarli, gli uomini affrontano i cani ed estraggono la lancia che ha trafitto Kidman. Ma lei non ce la fa, e il suo piccolo muore nei giorni successivi.

L’episodio ha fatto scalpore tra i primatologi di tutto il mondo, ammirati per il comportamento dei colleghi sul campo ma sconcertati del fatto che un simile attacco potesse aver colpito gli scimpanzé di Ngogo, una delle comunità di scimpanzé più conosciute al mondo, in uno dei parchi nazionali africani più celebri.

Meno di due mesi dopo, la tragedia si è ripetuta. Il 13 settembre scorso, a meno di mille chilometri a sud della foresta di Kimbala, nella Issa Valley, in Tanzania, altri ricercatori, tra cui il sottoscritto, hanno dovuto soccorrere due scimpanzé in analoghe circostanze. Kitu, due anni, era stata aggredita da quattro cani, mentre la madre Kila lottava contro altri sei. Gli scimpanzé della Issa Valley vivono fuori dai confini del parco e solo dal 2018 si sono abituati alla presenza umana.

Anche questa volta i ricercatori sono riusciti a far mollare la presa ai cani. Kila perdeva molto sangue e non si reggeva sulle zampe mentre da un albero poco distante sua figlia lanciava deboli richiami. Ma Kila non si voltava, faticava a respirare. Poco dopo, riprese un po’ le forze, si inoltrò nella foresta. Il nostro team decise di restare con Kitu, presumendo che la madre sarebbe tornata da lei prima di notte. Ma a sera tarda non si era ancora vista. Come per noi umani, nei primi anni di vita gli scimpanzé dipendono dalla madre, che li nutre e insegna loro come procurarsi il cibo e di chi fidarsi. Spesso adottano gli orfani, ma sapevamo che Kitu era troppo giovane per sopravvivere senza la madre.

Il giorno dopo il nostro team trovò Kitu poco lontano da dove l’aveva lasciata la sera prima. Si era mossa in direzione della madre e sembrava avesse dormito lì, per terra: una cosa che gli scimpanzé non fanno quando ci sono in giro predatori. A Issa nessuno aveva mai visto un comportamento del genere. Emetteva dei gemiti, troppo debole per chiamare. Morì poco dopo, a 24 ore dall’attacco dei cani e tre giorni dopo altri scimpanzé ci condussero a un albero sotto il quale giaceva Kila, morta per le ferite.

Scienziati in prima linea con gli scimpanzé

Gli scimpanzé e la loro cultura sono in pericolo in tutta l’Africa. Le foreste, il loro habitat, vengono soppiantate da nuove fattorie mentre le malattie trasmesse dall’essere umano proliferano e decimano le popolazioni. Ma gli scimpanzé sono anche cacciati come selvaggina pregiata – la minaccia più diretta alla loro sopravvivenza in natura. Ed è probabilmente per questo che sono morti Kidman, Kila e i loro figli.

Insieme queste minacce hanno spinto gli scimpanzé nella lista rossa delle specie a rischio di estinzione stilata dall’IUCN. Dal 1990, in alcune aree dell’Africa la popolazione di scimpanzé è diminuita dell’80%.

Gli scienziati spesso sono costretti a impegnarsi a diversi livelli per difendere le specie che studiano, e i primatologi forse più di altri, semplicemente perché condividiamo molte cose con i nostri cugini evolutivi. Per proteggerli dalle tante minacce che mettono a rischio la loro sopravvivenza, spesso rischiamo la nostra incolumità. A Issa i ricercatori danno informazioni e collaborano con la sorveglianza armata del Parco.

Anche se non abbiamo potuto salvare Kitu e Kila, la mera presenza di ricercatori aiuta a proteggere gli scimpanzé. Oltre a studiarli, controlliamo la foresta a vantaggio di altri animali che la popolano, inclusi leopardi e antilopi. Teniamo d’occhio minacce come il taglio illegale degli alberi e sosteniamo la formazione di studenti tanzanesi – la prossima generazione di scienziati che studieranno gli scimpanzé.

In tutto questo, lavoriamo in stretta collaborazione con le autorità locali, il governo e il Tanzania Wildlife Research Institute (TAWIRI), che supervisiona tutta la ricerca nel paese ed è molto impegnato nella salvaguardia degli scimpanze, per la cui conservazione ha recentemente stilato un piano nazionale.

Era troppo tardi per salvare Kitu e Kila, ma come primatologi e conservazionisti siamo determinati a proteggere la loro comunità. E potete farlo anche voi, contribuendo al nostro progetto – GMERC – con una donazione: ogni dollaro, euro o sterlina sarà speso per vigilare e difendere gli scimpanzé di Issa dal bracconaggio.

L’articolo è stato originariamente in inglese su The Conversation. Traduzione a cura della redazione di Galileo.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here