Vita

Il superfungo Candida auris scoperto in Brasile: cosa c’entra la pandemia

La pandemia potrebbe essere complice della nuova apparizione del superfungo letale Candida auris, scoperto poco più di 10 anni fa, che finora ha causato episodi per fortuna sporadici. Due nuovi casi di questa gravissima infezione, comparsi nel dicembre 2020 in Brasile, sono appena stati documentati dai ricercatori dell’università Federale di San Paolo (Unifesp). I primi due casi sono stati rilevati in un ospedale a Salvador, nello stato di Bahia, e la storia clinica dei pazienti è stata studiata da un gruppo di ricerca coordinato da Arnaldo Colombo dell’Unifesp. I risultati sono pubblicati sulla rivista Journal of Fungi. I pazienti erano ricoverati in reparti Covid-19: di qui il possibile collegamento. L’allerta su Covid-19 da parte del personale sanitario di tutto il mondo è altissima e gli operatori e gli ospedali sono sovraccarichi. L’ipotesi degli scienziati è che pazienti con Covid-19 grave potrebbero essere più suscettibili a sviluppare infezioni fungine da Candida auris, fino ad allora silenti, patogeno cui magari erano stati esposti in precedenza e con cui convivevano. Cosa sappiamo sul superfungo e perché è bene tenere alta la guardia.


Cosa sappiamo del fungo che ha messo in allerta gli Stati Uniti


Breve storia del superfungo

Il nome sicuramente ci richiama alla mente altro: il superfungo Candida auris infatti appartiene al genere candida, di cui alcune conosciamo bene alcune specie non pericolose, come Candida albicans, con cui non ha nulla a che vedere. Ma candida auris è tutt’altra cosa: il superfungo è associato ad un’alta letalità, che riguarda anche più della metà dei casi, e per fortuna si conoscono pochi episodi sparsi a livello globale. La minaccia risiede nel fatto che è un patogeno nuovo e resistente alle principali categorie di antimicotici. Il primo ceppo di auris è stato fotografato in uno studio retrospettivo del 1996 della Corea del Sud, mentre il primo caso effettivo sull’essere umano è stato identificato nel 2009 in Giappone, nell’orecchio (da qui il nome auris, che in latino significa appunto orecchio). Ci sono poi stati dei casi negli Stati Uniti, dove la prima infezione risale al 2013.

Crediti: João Nóbrega Almeida Júnior/Unifesp. Immagine ottenuta con il microscopio di fluorescenza che mostra la struttura di Candida auris

La pericolosità di Candida auris

Il superfungo può essere presente nel sangue e causare infezioni sistemiche molto dannose per l’organismo. Il rischio non è dunque quello di una semplice candida a livello locale ma di una candidosi invasiva e generalizzata, simile alla sepsi batterica che tanto ci spaventa. L’altro problema è Secondo le prove raccolte finora, circa il 60% delle persone colpite da questo fungo va incontro a decesso.

Infezioni in ospedale

I pazienti colpiti a Salvador, in Brasile, erano entrambi ricoverati in reparti Covid-19 di terapia intensiva. Il tema delle infezioni ospedaliere raccoglie sempre crescente attenzione e in qualche modo, anche se sembra paradossale, gli avanzamenti in medicina e nelle tecnologie potrebbero avere un ruolo, un po’ come l’altra faccia della medaglia. A fronte dell’indiscusso beneficio contro varie patologie, l’uso di terapie e dispositivi di ultima generazione, infatti, potrebbe abbassare le difese dell’organismo favorendone l’attacco da parte di patogeni vari, fra cui questi funghi. Parliamo ad esempio di farmaci come corticosteroidi o antibiotici, spesso impiegati anche nel caso del coronavirus Sars-Cov-2, che possono intaccare il microbiota intestinale e di dispositivi come il catetere venoso centrale che permette di accedere facilmente ai vasi sanguigni venosi principali. In specifiche situazioni, spiega l’autore Colombo, il paziente può diventare più vulnerabile alla candidemia.

Attenzione ai nuovi funghi

Per questo e già da qualche anno gli esperti si danno da fare per rilevare precocemente e svolgere un monitoraggio continuo di questi casi e il gruppo brasiliano ha rilevato finora nuovi funghi ma non Candida auris, apparso soltanto ora. Attualmente sono stati descritti cinque sottogruppi di Candida auris e quello individuato in Brasile somiglia di più ad un tipo precedentemente scoperto in Asia e non tanto a quello in Venezuela e in altri paesi dell’America meridionale. Il dato suggerisce che il fungo sia arrivato qui non dall’America o che in alternativa ci sia un’origine, una sorgente locale. Gli scienziati stanno ora studiando l’uso di antifungini a dosi crescenti per capire come attaccare Candida auris. Anche una diagnosi corretta è molto importante, come sottolinea Colombo, e confermarne la presenza senza confondere il fungo con altre specie di candida non è semplice con una strumentazione convenzionale. In particolare, si deve usare una tecnica di spettrometria di massa, ovvero il il desorbimento/ionizzazione laser assistito da matrice, indicato con l’acronimo Maldi.

Via Wired.it

Viola Rita

Giornalista scientifica. Dopo la maturità classica e la laurea in Fisica, dal 2012 si occupa con grande interesse e a tempo pieno di divulgazione e comunicazione scientifica. A Galileo dal 2017, collabora con La Repubblica.it e Mente&Cervello. Nel 2012 ha vinto il premio giornalistico “Riccardo Tomassetti”.

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