Diventare grandi non è facile per nessuno

tempo
(Foto: Heather Zabriskie on Unsplash)

Continua il racconto di come un concetto così complesso come il tempo è percepito e vissuto dai bambini. Qui trovate la prima parte.

Mettiamo insieme ricordi, tempo e crescita: proviamo a guardare come noi stessi siamo cambiati nel tempo e, soprattutto, come sono cambiate persone e cose intorno a noi


Quando ero molto piccolo ed aspettavo di nascere ero scalza.

– L’età è una cosa che serve ai bambini per crescere. A me è venuta a un anno, due anni, tre anni e quattro anni.

– Per diventare nonni bisogna prima fare dei lavori, poi bisogna fare dei bambini. Poi con gli anni vengono un po’ di rughe e diventano vecchi. Se i loro figli fanno un figlio, diventa il nipote della nonna.

(Scuola dell’Infanzia – Modena)


Passa il tempo, cambia la vita

Crescere, diventare grandi, invecchiare… si rimane se stessi e intanto si cambia in un mondo che cambia.

Tornati da poco dalle vacanze i bambini hanno ritrovato la casa e i giochi così come li avevano lasciati, ma tuttavia si accorgono che qualcosa è diverso. Certi spazi appaiono più piccoli, ed anche misurandosi con i mobili e con gli scaffali, si aprono attraenti possibilità. I confronti sviluppano la consapevolezza di essere cresciuti e di poter crescere ancora: mentre il tempo passa, si realizzano le aspettative su se stessi e sul mondo. Si cresce e si invecchia fino ad una certa età, poi, come i nonni, si invecchia ma si diventa sempre più piccoli…


GIU: oltre che cambiare tutte le cose che abbiamo detto, cambiamo anche gli anni per cui compiamo… abbiamo cinque anni poi sei, sette, otto quindi dopo diventiamo sempre più vecchi.

SAR.L: Io dico che quando ero ancora più piccola ero più giovane di adesso perché anche quando la mia mamma era più giovane, ero piccolina, allora io non ero nata, ero ancora più piccola della mia mamma, allora questo vuol dire che io dovevo diventare giovane e mia mamma adesso è vecchia

DEB: diventare vecchi si deve perché se qualcuno è adulto e fa tanti bambini, dopo restano piccoli e dopo i bambini fanno tanti bambini e dopo il mondo si riempie di uomini e non ci stanno più dopo… allora poi si deve diventare vecchi e morire, perché se no…

GIU: dico che quando siamo ancora piccoli e non abbiamo gli anni, prima di avere gli anni dobbiamo avere i mesi, se no non potremmo avere gli anni. E non si ha subito i mesi, si deve avere prima i giorni e dopo i mesi.

GIOR: (alla maestra) a mano a mano che tu compi gli anni diventi vecchia e noi però non riusciamo ad arrivare ai tuoi anni, però noi riusciamo ad arrivare ai tuoi anni solo se tu ti fermi con gli anni e noi riusciamo ad arrivare ai tuoi anni.

DAM: io non ero d’accordo con Sara perché non è che quando sei piccolo sei piccolissimo, non puoi esserlo. Invece non esisti… quando la mia mamma era ancora piccola piccola, io non esistevo poi quando è cresciuta, cresciuta, cresciuta… che dopo era andata in ospedale io mi ricordo che davo tanti calci pugni perché volevo uscire e poi finalmente sono uscito.

CHI: non solo cambiamo gli anni ma con gli anni cambiamo anche il nostro corpo, perché da piccoli le nostre tette sono schiacciate e dopo si ingrossano.

II elementare – Spinea (Ve)


Documentando i cambiamenti, gli album di famiglia testimoniano il tempo che è passato, i momenti importanti nella vita delle persone grandi. Inoltre, inseriscono la storia personale del bambino in una storia collettiva più ampia e più antica, in quella che lui stesso proseguirà nel futuro.

I bambini guardano le immagini dei genitori “da giovani” e prendono coscienza di un passato vicino, di un mondo più o meno diverso dal loro. La successione delle foto indica il percorso di trasformazioni che ancora li attende, garantisce loro una adolescenza, una maturità, una vecchiaia. E’ facile dire a parole che (chi sa quando e chi sa come) si diventerà come i genitori o come i nonni. Ma cosa succederà davvero? Che cosa rimarrà di quello che si è ora? E i nonni che ora sono vecchi, come sono diventati così? Quando (chi sa quando) erano piccoli? Come è possibile immaginare, guardandoli adesso, i bambini che erano? E’ strano pensare che in un passato lontano, forse lontanissimo, i nonni non sapevano né parlare né camminare, facevano i capricci e avevano una mamma che li coccolava.

I bambini descrivono realisticamente i loro nonni e ne disegnano i ritratti, spesso impietosi. Mettono in evidenza le vene che traspaiono sotto la pelle ruvida delle mani, le dita ossute, gli occhiali, le rughe, le pance. Ma i valori attribuiti a queste caratteristiche fisiche sono ben diversi da quelli, soltanto estetici, che ci fanno aver paura della vecchiaia: a che servirebbe un nonno bambino? I nonni sono fatti così, un po’ vecchi, compagni di piacevoli giorni di vacanza, capaci di aggiustare giocattoli e di seminare l’orto, ricchi di risorse incredibili.

L’idea di una successione di trasformazioni biologiche necessarie e inevitabili, che si ripropongono per ogni persona in modo riconoscibile, prende gradualmente forma nei bambini assai prima di condividere i criteri con cui noi grandi giudichiamo la bellezza o l’età. E’ vero che una maestra può restare perplessa sentendosi attribuire anche più di cento anni, ma questo è un problema di numeri, non di consapevolezza biologica. Fino a quando sono piccoli, i bambini si aspettano e vogliono che la loro vita si svolga nella sua completezza, non hanno paura di crescere, di avere dei figli, di invecchiare e morire. La paura viene più tardi, quando le componenti culturali si sovrappongono alla “saggezza” del corpo, che si trasforma con i suoi ritmi, seguendo percorsi schematicamente uguali per tutti ma individualmente marcati dalle caratteristiche genetiche e dalle abitudini personali.

Per aiutarli a vivere il loro tempo, sarebbe importante che i bambini conoscessero meglio questo percorso, ragionandoci insieme per costruire aspettative serene ed affrontando, attraverso la delicatezza degli adulti, le trasformazioni che al passare del tempo avverranno nel loro corpo. Il pudore si costruisce socialmente, ma avere vergogna di come si è fatti non contribuisce certo ad un positivo rapporto con la vita. Non sapere nulla di come si vive, di cosa succede ogni giorno o delle strane cose che avverranno “ad una certa età”, quelle su cui si carpiscono a volte notizie sfuggenti , può essere molto angoscioso e, a volte, destare assai più apprensione di una lontana prospettiva di invecchiare. Anche se il corpo cresce naturalmente, diventare grandi non è facile per nessuno, e a scuola, non mancano certo le occasioni per raccordare tra loro gli aspetti biologici, cognitivi ed emozionali che contribuiscono a sviluppare una più attenta percezione di se stessi. Per questo vale la pena sapersi accorgere degli stati e dei messaggi del corpo, ascoltare e riconoscere gli indizi del proprio funzionamento per accettarsi più facilmente e per aspettarsi i cambiamenti inevitabili.

Il tempo per fare le cose

Mentre respiriamo, cresciamo o contiamo…. il tempo passa e, nel frattempo, succedono mille altre cose, ciascuna con i propri ritmi, ciascuna alla propria velocità. Ma si può controllare il passare del tempo? Siamo sicuri che il tempo passa sempre uguale?


ALICE È come se tu controllassi il tempo con un gioco o con qualcosa che ti piace fare.

CRISTINA Certe volte è come se tu potessi comandare il tempo, facendo una cosa velocemente o lentamente.

ALICE Il tempo passa come deve passare, non scegliamo noi se lui deve essere più o meno svelto.

GIOVANNI Dipende: il tempo può passare sia veloce sia piano oppure normalmente, quando tu non stai a pensare che il tempo passa e così non ti accorgi che passa.

II elementare – Roma

Proprio nella convivenza tra adulti e bambini è facile rendersi conto delle diverse durate soggettive di uno stesso tempo. Quello che per un insegnante è “un momento” da aspettare con calma spesso per un bambino è una vera e propria eternità: quando si è pressati da spinte interne, bisogni o capricci che siano, la capacità di “aspettare un momento” si acquista assai faticosamente e cambia a seconda delle richieste. Così l’impazienza fa nascere irritazione e disagio, e il bisogno di avere tutto e subito apre la strada a sensazioni di impotenza, da cui nascono le sfide dei volontari isolamenti, del sentirsi trascurati, dei tentativi di attirare l’attenzione dichiarando di stare “morendo” di sete o di fame.

Durate e contemporaneità

Proviamo, tutti insieme, a sentire passare il tempo: ciascuno fa un segno quando secondo lui è passato un minuto. Per molti è necessario chiudere gli occhi: per sentire meglio il tempo interno e, forse, per non lasciarsi distogliere dai cambiamenti esterni. La maggior parte di questi minuti sono cortissimi, solo pochi bambini fanno attenzione ai ritmi interni (cuore, respiro) o contano silenziosamente per sentirsi più furbi degli altri.

Tra le metafore fondamentali sul tempo vi sono quelle che ne individuano la ricorsività e ne rappresentano la ciclicità, mentre altre lo descrivono con una linea, orientata dal passato al futuro, in cui il presente è individuato da un punto. Ogni metafora, però, richiede di essere interpretata e deve essere adatta ai processi che si vogliono spiegare. I bambini si accorgono che il presente è un intreccio di processi di diversa durata, di cambiamenti che si sovrappongono con differenti sfaccettature, di esperienze più o meno coinvolgenti, di attività svolte da persone diverse, ed è abbastanza strano per loro seguire il discorso delle maestre che pretendono di rappresentare tutto ciò con un punto (senza dimensioni) sulla “linea del tempo”. I cambiamenti hanno una loro durata, e sfumano nel tempo tanto che è anche difficile individuarne un vero inizio e una vera fine; il tempo fa da legante tra cambiamenti diversi, induce a pensare con categorie di causalità, ed ogni esperienza che riteniamo svolgersi nel presente è in realtà collegata strettamente con un passato e con un futuro. Forse il presente non può coincidere con l’attimo fuggente, e nei fatti non esiste un tempo senza durata. Così raccontiamo ragioniamo sulla vecchia storiella di una persona che, sonnecchiando, sente l’orologio suonare le quattro e si mette a contare uno, uno, uno, uno. E commenta: “Credo che questo orologio sia guasto, ha suonato quattro volte l’una”. I quattro rintocchi, dunque, accadono in istanti diversi ma sono tutti insieme nel momento in cui segnano le quattro: quale rappresentazione potrebbe essere adatta? (Riportata da R. Manzotti in La mente allargata. Il Saggiatore, 2019)

Facciamo finta di non sapere che sono gli orologi a contare (misurare?) il tempo e continuiamo i giochi del “frattempo”, inventando sia modi di rappresentare durate (con un inizio e una fine), sia problemi di contemporaneità. Su un filo steso in classe, una minuscola linea del tempo, dei bambini di quarta hanno rappresentato quello che succede nella loro mattina scolastica (cfr. fig 1 e 2 – III elementare- Fiano To): sui i fogli, stesi come panni, c’è la descrizione dell’attività che dura nel tempo, e le mollette ne rappresentano l’inizio e la fine.

Poi, raccontiamo e proviamo a rappresentare su un “sistema” di linee del tempo parallele, una strana storia su quello che succede ogni mattina a casa della maestra Costanza. La mattina presto, la maestra si sveglia (un momento) si stiracchia (tempo corto) si alza dal letto (tempo molto corto) va in bagno (per aprire e chiudere la porta del bagno servono due momenti corti e vicinissimi, ma il tempo in cui sta in bagno è abbastanza lungo), e quando esce dal bagno prepara il caffè ( tempo lungo), si siede(tempo corto) fa colazione… dà il bacio di buongiorno a suo marito ed esce da casa. Su una linea parallela rappresentiamo, con gli stessi criteri, i tempi del marito della maestra Costanza, che si alza e si stiracchia dopo di lei, e che può andare nel bagno finalmente libero solo mentre la maestra Costanza prepara il caffè…. Forse fanno colazione insieme, ma certamente devono essere contemporaneamente presenti nella stanza per darsi il bacio del buongiorno… i due tempi/spazi si sovrappongono. Nel frattempo, cosa farà il figlio (ormai grande) della maestra Costanza…quando si stiracchia e, soprattutto, quando potrà andare in bagno? Anche lui vuole dare il bacio di buongiorno ai genitori (sovrapposizione di tre tempi/spazio), ma vorrebbe fare colazione in pace, ed è costretto ad aspettare che i due finalmente escano…

A questo punto, i giochi di tempo cominciano a delinearsi nella loro struttura a scatole cinesi: i tempi brevi, quelle delle azioni quotidiane, sono inseriti in tempi più lunghi, quelli della giornata, a loro volta inseriti nel tempo delle settimane, in cui si intrecciano le storie delle attività ormai mezzo dimenticate, e si intrecciano, anche, le storie delle attività svolte da una molteplicità di persone differenti: la settimana a scuola si svolge in parallelo alla settimana di lavoro del papà, della mamma, della maestra. Quando si inseriscono le settimane nei mesi la memoria non aiuta più molto, e il tempo si appiattisce: a volte perde la profondità del passato, altre volte si espande all’indietro, quasi all’infinito, dove i ricordi delle esperienze appartengono ad un tempo irreale, quasi mitico. In questi tempi fuori scala, visti con una prospettiva in cui si è perduta ogni misura esperienziale, si svolgono gli eventi “storici”, le vite degli etruschi o degli egiziani, mentre i popoli primitivi avevano il loro bel da fare per sfuggire agli artigli rapaci di dinosauri carnivori (ed estinti da un pezzo).

Continua.

Credits immagine Heather Zabriskie on Unsplash