Modello Mediterraneo: un passato a rischio

Proprio nella figura e nell’opera di Prattico, da molti anni instancabilmente operoso anche come scrittore e formatore di comunicatori scientifici, sui vari fronti della trasmissione della cultura scientifica, i partecipanti al convegno hanno riconosciuto l’esistenza di un modo mediterraneo di occuparsi di scienza profondamente diverso, nelle finalità e nello stile, dal modello anglosassone oggi dominante. Un modo che, anzitutto, ha il merito di recuperare, filtrandolo storicamente, l’insegnamento dell’antica scienza nata sulle sponde del Mediterraneo. Lo ha ricordato il matematico e storico della scienza Lucio Russo, sottolineando quanto sia rischioso l’oblio dei concetti e dei metodi della scienza ellenistica.

Ma celebrare il Mediterraneo come culla della nostra scienza e della nostra cultura e rifarsi a un modello mediterraneo significa soprattutto, come hanno ribadito gli uomini di scienza presenti ad Anacapri, rivendicare alcuni atteggiamenti e orientamenti concettuali e pratici che sono in assoluta controtendenza nel mondo scientifico globalizzato. E così, per il fisico teorico Paolo Budinich un modello mediterraneo di scienza significa, ad esempio, ribadire la dignità e l’importanza culturale della scienza pura rispetto a quella applicata. Sulla stessa linea si pone l’analisi del giornalista scientifico Pietro Greco, secondo cui la peculiarità del modello mediterraneo va rintracciata in alcuni ideali scientifici (che regolano kantianamente l’indagine scientifica) che esso persegue: la ricerca disinteressata e appassionata della conoscenza, l’unità del sapere scientifico contrapposta all’odierna frammentazione specialistica delle varie discipline, l’amore per l’indagine sui fondamenti e sulla storia della idee scientifiche.

Insomma, una diversità, quella mediterranea, che Jean-Marc Lévy-Leblond, fisico all’Università di Nizza, ha cercato di caratterizzare in una maggiore propensione a cercare un rapporto equilibrato tra scienza e tecnologia, in un’era in cui la rapidità con cui si manifestano le ricadute tecnologiche della scienza va sempre più a detrimento della comprensione stessa dell’impresa scientifica che le produce.

Certo, nonostante la forte tensione ideale che si respira in sala, nessuno pensa che questo modello mediterraneo possa soppiantare quello dominante. Eppure tutti sono convinti che l’antico vizio di privilegiare il riflettere al fare possa avere un benefico influsso nella cultura scientifica contemporanea. Lo dicono scienziati “mediterranei” del calibro di Edoardo Boncinelli: il biologo sottolinea come non sia affatto un caso che al dominio anglosassone nella ricerca biologica si sottraggano oggi delle aree di ricerca problematiche e filosoficamente impegnative come quelle della biologia dello sviluppo e dello studio della mente. E anche Carlo Bernardini, fisico e direttore della rivista Sapere, vede nel modello mediterraneo il miglior antidoto al degrado della qualità dell’informazione scientifica a cui oggi assistiamo.

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