Stop ai neonicotinoidi

    Aggiornamento dell’11 luglio 2012:
    Il Ministro della Salute, Renato Balduzzi, ha approvato la proroga di sette mesi della sospensione dell’autorizzazione all’impiego di sementi di mais trattate con fitofarmaci contenenti neonicotinoidi. La proroga scadrà all’inizio del 2013. 

    Stop agli insetticidi potenzialmente pericolosi per le api. Lo ha deciso il Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali e per questo ha emanato un decreto di sospensione cautelativa pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale lo scorso 20 settembre. Il fermo riguarda i prodotti fitosanitari contenenti neonicotinoidi, sostanze normalmente utilizzate in agricoltura per il trattamento delle sementi, ed è stato deciso sulla base delle evidenze scientifiche finora accumulate e del principio di precauzione stabilito nel Trattato dell’Unione Europea. Il divieto, la cui durata non viene specificata, si estende anche all’utilizzo delle sementi già trattate.

    Secondo la Commissione consultiva per i prodotti fitosanitari, questo periodo di sospensione permetterà di raccogliere dati e informazioni sulla moria delle api, da tempo messa in relazione all’utilizzo di alcune sostanze (in particolare thimethoixan, clothianidiin, imidacloprid e fipronil) che hanno un effetto simile alla nicotina e danneggiano il sistema nervoso centrale degli insetti. Durante il fermo è infatti previsto un monitoraggio delle popolazioni di api a livello nazionale da parte dei ministeri della Salute e dell’Agricoltura, per cercare di individuare le cause dello spopolamento.

    Le cause della moria di questi insetti, infatti, non sono ancora chiare. Secondo gli esperti, il fenomeno – che ha proporzioni mondiali –  è probabilmente correlato a diversi fattori concomitanti, dalle malattie, al cambiamento climatico, alla qualità del polline (spesso con basso valore nutrizionale), alle sostanze chimiche usate in agricoltura, alle colture intensive. Le stesse cause insomma che, secondo i dati raccolti in più di un secolo da ricercatori britannici e olandesi, stanno portando a una contemporanea riduzione di biodiversità nel regno vegetale (Meno piante, meno api).

    In Italia, le associazioni ambientaliste puntano l’indice soprattutto sui pesticidi vietati dal decreto (Api al collasso), mentre tra i principali indiziati dell’improvviso spopolamento degli alveari statunitensi dello scorso anno ci sarebbe un virus di provenienza israeliana (Un indiziato per la moria di api).

    Da un punto di vista economico, oltre che ricadere sugli apicoltori, la conseguenze non possono non riguardare il settore dell’agricoltura. Già alcuni anni fa infatti, uno studio sulle coltivazioni del caffè pubblicato su “Nature” aveva dimostrato che le piante hanno una rendita maggiore del 50 per cento se sono impollinate dalle api e coltivate in un habitat il più possibile naturale, senza ricorrere indistintamente agli insetticidi (Con le api, il raccolto è eccellente). Inoltre, secondo una recente ricerca condotta da Inra e Cnrs (Francia) e dall’Helmholtz Centre for Environmental Research (Germania), pubblicata la scorsa settimana su “Ecological Economics”, il valore dell’impollinazione fornita dagli insetti alle principali colture alimentari nel mondo nel corso del 2005 è stata di oltre 150 milioni di euro, cioè il 9,5 per cento del valore totale della produzione di cibo. Stando ai conti dei tre istituti, la drastica riduzione delle api potrebbe trasformarsi in una perdita economica compresa tra i 190 e i 310 miliardi di euro (Quanto valgono le api).

     

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