Il vaccino che fa sperare i malati di Alzheimer

    Si chiama “(1-11)E2” il vaccino anti-Alzheimer di nuova generazione targato Napoli. Un nome a lettere e a cifre per indicare una molecola capace di innescare una risposta immunitaria verso il peptide beta-amiloide, principale componente degli aggregati proteici, le placche amiloidi, responsabili dell’insorgenza della malattia di Alzheimer.

    Il vaccino, appena brevettato in Italia dai ricercatori degli Istituti di Genetica e Biofisica (IGB) e di Biochimica delle Proteine (IBP) del CNR di Napoli, e che aspetta la concessione del brevetto internazionale, ha già dato risultati incoraggianti in topi non affetti dalla malattia sottoposti a sperimentazione.

    Gli studiosi hanno sfruttato la capacità della proteina batterica E2 di formare in vitro una struttura icosaedrica, simile ad un virus, costituita da 60 unità ripetute che, opportunamente modificata, può fungere da “impalcatura” per l’espressione di peptidi di diversa origine. Se il frammento (1-11) del peptide beta-amiloide viene fuso ad E2 si ottiene una molecola ricombinante con 60 porzioni (1-11) identiche, altamente immunogenica. Già dopo la prima somministrazione, il vaccino induce una massiccia produzione di anticorpi che si legano al peptide responsabile della malattia e ne favoriscono l’eliminazione. L’elevata immunogenicità e l’assenza di risposte infiammatorie avverse fanno di (1-11)E2 un efficace candidato per il trattamento dell’Alzheimer. Parla Antonella Prisco, coordinatrice del progetto.

    Dottoressa Prisco, come funziona esattamente (1-11)E2?

    “(1-11)E2 è una proteina chimerica, ottenuta cioè dalla fusione di due proteine diverse: un piccolo frammento del peptide beta-amiloide unito con una proteina batterica. Usata come vaccino, (1-11)E2 induce la produzione di anticorpi contro il peptide beta-amiloide”.

    Quali sono i vantaggi di un’immunoterapia attiva rispetto a quella passiva, e quali devono essere le sue caratteristiche di efficacia?

    “Le vaccinazioni (immunoterapie attive) sono interventi medici di grande efficacia perché poche somministrazioni di vaccino inducono una protezione molto duratura. Per questo motivo, le vaccinazioni possono essere utilizzate su larga scala a scopo preventivo. L’iniezione di anticorpi (immunoterapia passiva), invece, ha un effetto solo temporaneo che dura per alcune settimane. Questo può essere un vantaggio, se la terapia deve essere sospesa a causa di effetti indesiderati. Nel caso dell’Alzheimer, però, la necessità di continuare le iniezioni di anticorpi per anni o decenni potrebbe comportare disagi per l’individuo, e costi elevatissimi, forse non sostenibili su ampia scala”.

    Ad oggi non esiste alcuna cura che permetta di guarire la malattia di Alzheimer. Quali potrebbero essere i vantaggi di un vaccino come quello da voi brevettato rispetto ai tradizionali trattamenti farmacologici in uso?

    “Il vaccino potrebbe essere usato per prevenire l’Alzheimer, o per evitare la progressione della malattia, quando questa è in uno stadio molto iniziale. Attualmente non ci sono ancora trattamenti farmacologici che abbiano queste proprietà”.

    Si potrebbe pensare ad un impiego preventivo dell’(1-11)E2 in soggetti con familiarità della malattia?

    “La forma ad esordio precoce della malattia di Alzheimer, una forma rara, ha una chiara base genetica. Sicuramente, per un soggetto portatore di una delle mutazioni che causano la malattia, un trattamento preventivo potrebbe essere utile”.

    La sperimentazione del vaccino (1-11)E2 è attualmente in fase pre-clinica e la sua somministrazione è limitata a topi. Quanto tempo ci vorrà per arrivare all’uomo?

    “Impossibile dirlo. Le nostre ricerche sono ancora in uno stadio molto precoce e ogni fase della sperimentazione è cruciale per stabilire la validità del vaccino, quindi non ha senso fare previsioni. Per ora siamo impegnati nella ricerca di fondi per proseguire la sperimentazione”.

    Credit immagine: KGH

    LASCIA UN COMMENTO

    Please enter your comment!
    Please enter your name here