Gli acceleratori di particelle possono essere spinti oltre i loro limiti. Lo hanno dimostrato i primi test condotti nei laboratori dell’Istituto di Fisica Nucleare (Infn) di Frascati, dove l’acceleratore Daphne è stato modificato sulla base di un sistema realizzato da Pantaleo Raimondi, ricercatore dell’Infn, nel corso degli ultimi due anni.
La tecnica potrebbe portare a una nuova generazione di macchine e renderebbe possibile “dopare” quelle esistenti, fino ad aumentarne l’efficienza di dieci volte, diminuendo contemporaneamente l’energia necessaria a farle funzionare.
In queste macchine – come il Large Hadron Collider (Lhc) del Cern di Ginevra, il più grande e potente acceleratore mai costruito, che dovrebbe essere inaugurato il prossimo ottobre – fasci di particelle sono “sparati” ad altissima velocità e fatti scontrare. In questo modo è possibile studiarne il comportamento, indagarne la struttura e ricreare condizioni estreme. C’è però un limite al numero di scontri per un dato tempo e una data superficie, e con la attuale tecnologia abbiamo già raggiunto il massimo di particelle che possono essere inserite in ogni fascio.
La tecnica di Raimondi sembra superare questo limite. Il sistema si basa su un concetto noto, ovvero sull’incrocio a “x” dei fasci di particelle. Il ricercatore ha modificato e adattato il concetto agli acceleratori e ha modificato Daphne, aumentando l’efficienza della macchina (cioè la sua capacità di far scontrare le particelle, detta ”luminosità”) di una volta e mezza. “In questo momento”, commenta Raimondi, “Daphne è la terza macchina al mondo per luminosità assoluta, che richiede però un’energia molto inferiore rispetto alle altre e, quindi, ha rapporto molto alto tra luminosità ed energia”.
I primi test lasciano immaginare anche la realizzazione di macchine che producano grandi quantità di un particolare tipo di particelle elementari (i quark bottom) e di un laser a elettroni liberi – quello che si sta costruendo tra Tor Vergata e Frascati – tra i più potenti al mondo. (t.m.)
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