Categorie: Salute

Cellule umane clonate per generare staminali

Una cellula somatica, più una cellula germinale. Come dire due (le copie di cromosomi contenute nella prima) più uno (la singola serie cromosomica della seconda), uguale tre. Tre copie di cromosomi per una cellula staminale triploide, pluripotente, in grado cioè di differenziarsi in diversi tipi cellulari. A realizzarla sono stati i ricercatori della NewYork Stem Cell Foundation, guidati da Dieter Egli, confermando così la possibilità di riprogrammare una cellula somatica umana, portandola “indietro nel tempo”, trasferendola in un ovocita. Una tecnica che, secondo lo studio pubblicato su Nature, è importante per le possibili implicazioni in termini di medicina rigenerativa. Ma, nell’editoriale della rivista, si avverte: “non è ancora chiaro se il triploide si comporterà nei tessuti come una normale cellula. Nessuno potrà chiamarlo a breve clinicamente rilevante”.

Uno dei problemi fondamentali di questa branca della scienza è quello della compatibilità dei tessuti tra donatore e ricevente. A scopo terapeutico, la condizione ideale sarebbe quella di rimpiazzare i tessuti danneggiati in un paziente con cellule del suo stesso organismo, quindi con lo stesso dna. Ma altrettanto ideale sarebbe poter disporre di una sorta di bagaglio cellulare, da utilizzare per scopi diversi, ovvero un set di cellule in grado di originare più tipi di tessuti.

Partendo da questi presupposti, i ricercatori hanno provato a produrre cellule staminali da un ovocita. Per farlo hanno utilizzato una tecnica nota come somatic cell nuclear transfer (Scnt): hanno prelevato il materiale genetico di una cellula somatica adulta (quindi con un corredo cromosomico completo, cioè doppio) e lo hanno trasferito in un ovocita privato del nucleo (una tecnica simile a quella che ha portato alla nascita della pecora Dolly). Così facendo, i ricercatori speravano di indurre l’ovocita a dividersi, dando origine a una blastocisti, ovvero lo stadio iniziale dello sviluppo embrionale. Ma, osservando il comportamento della nuova cellula umana, hanno visto che dopo pochi cicli, la divisione si arresta.

Gli scienziati hanno quindi provato a trasferire il Dna della cellula somatica nell’ovocita, ma senza togliere il nucleo di quest’ultimo. I risultati sono stati sorprendenti: la nuova cellula cominciava a dividersi dando origine a una blastocisti e mantenendo tutti i corredi cromosomici di partenza (tre, due della cellula somatica e uno di quella germinale). Non solo: le cellule staminali derivate da questa prima blastocisti mantenevano il fenotipo della pluripotenza, mostrando di essere capaci di originare tutti i tipi cellulari (quelli dei cosiddetti tre foglietti embrionali, l’ectoderma, il mesoderma e l’endoderma, da cui si originano i tessuti di un organismo).

Come spiegano i ricercatori, i risultati mostrano come la presenza del genoma dell’ovocita sia fondamentale per la riprogrammazione della cellula somatica umana a uno stadio di pluripotenza.

Un altro traguardo, dopo quello delle staminali pluripotenti indotte (iPs, vedi Galileo, “Deja vu staminale” e “Ritornare staminali“), che bypassa l’uso di embrioni (sebbene anche gli ovociti non siano sempre disponibili). Ma è anche un risultato che pone in risalto il bisogno, etico, di regolamentare l’uso della somatic cell nuclear transfer, in modo tale da garantirne l’uso a scopi terapeutici, senza creare allarmismi in chi vi intravede pericoli di clonazione umana.

“La linea cellulare derivata dai ricercatori non potrebbe mai essere usata in terapia”, ha spiegato a Wired.it Carlo Alberto Redi dell’università di Pavia commentando la ricerca: “Quello che invece rende lo studio interessante è essere riusciti per la prima volta a derivare una linea cellulare staminale stabile grazie alla presenza del genoma dell’ovocita. Il dna della cellula germinale contiene qualcosa che aiuta le cellule a stabilizzarsi, e l’importante sarà ora far luce su questo qualcosa. Ma è chiaro che stabilizzare una cellula triploide non serve a nulla”.

Riferimento: doi:10.1038/nature10397

Via Wired.it

Anna Lisa Bonfranceschi

Giornalista scientifica, a Galileo Giornale di Scienza dal 2010. È laureata in Biologia Molecolare e Cellulare e oggi collabora principalmente con Wired e La Repubblica.

Articoli recenti

Il talco può aumentare il rischio di tumore?

Il colosso farmaceutico Johnson & Johnson pagherà 6,5 miliardi di dollari per chiudere le cause…

9 ore fa

Mesotelioma, 9 casi su 10 sono dovuti all’amianto

Si tratta di una patologia rara e difficile da trattare. Colpisce prevalentemente gli uomini e…

3 giorni fa

Uno dei più misteriosi manoscritti medioevali potrebbe essere stato finalmente decifrato

Secondo gli autori di un recente studio potrebbe contenere informazioni sul sesso e sul concepimento,…

6 giorni fa

Ripresa la comunicazione con la sonda Voyager 1

Dopo il segnale incomprensibile, gli scienziati hanno riparato il danno a uno dei computer di…

1 settimana fa

Atrofia muscolare spinale, ampliati i criteri di rimborsabilità della terapia genica

L’Aifa ha approvato l’estensione della rimborsabilità del trattamento, che era già stato approvato per l'atrofia…

1 settimana fa

Così i tardigradi combattono gli effetti delle radiazioni

Resistono alle radiazioni potenziando la loro capacità di riparare i danni al dna. Piccolo aggiornamento…

1 settimana fa

Questo sito o gli strumenti di terze parti in esso integrati trattano dati personali (es. dati di navigazione o indirizzi IP) e fanno uso di cookie o altri identificatori necessari per il funzionamento e per il raggiungimento delle finalità descritte nella cookie policy.

Leggi di più