Categorie: Società

Cibo, non politica

Non sono passare nemmeno due settimane: al termine del vertice di Gleaneagles, i leader delle otto economie più sviluppate del Pianeta annunciavano lo stanziamento di 50 milioni di dollari in più all’anno in aiuti allo sviluppo. Un aumento consistente, anche se in realtà già previsto da molti anni, in buona parte diretto all’Africa. Ma ci sono zone dell’Africa che hanno bisogno di risposte ben più immediate e concrete. Come il Niger, che sta vivendo una crisi alimentare gravissima che colpisce in particolare i bambini, di fronte alla quale tanto la comunità internazionale quanto il governo locale non stanno mostrando alcuna capacità di risposta. L’anno scorso questa regione semi arida dell’Africa sub-sahariana ha subito una terribile siccità, unita a una invasione di locuste che ha distrutto buona parte dei raccolti. I granai si sono svuotati, i prezzi dei cereali sono saliti alle stelle, con il risultato di mettere circa 3,6 milioni di persone, compresi 800.000 bambini, in condizioni di severa malnutrizione. L’ultimo allarme è stato lanciato una settimana fa da Jean Ziegler, un dirigente delle Nazioni Unite incaricato della tutela dei diritti alimentari. “Negli ultimi mesi la situazione è diventata ancora più grave, e ci sono molte persone che non possono permettersi nemmeno il costo di una tazza di miglio, meno di mezzo dollaro. È necessario allestire provvedere a una distribuzione gratuita di cibo”.A seguito dell’inizio della crisi alimentare, il paese è stato suddiviso in 106 zone di sorveglianza, e solo 19 delle quali risultano in una situazione alimentare soddisfacente. In tutte le altre, la situazione è in generale estremamente critica, e sono in particolare i bambini sotto i 5 anni a morire. Una ricerca condotta da Medici senza frontiere ha stabilito che il tasso di mortalità dei bambini sotto i cinque anni ha superato il limite di guardia di 2 bambini su 10.000 al giorno. Da gennaio di quest’anno, Msf ha trattato 9.000 bambini (un numero triplo rispetto all’anno precedente) per malnutrizione. Una portavoce di Oxfam, una organizzazione non governativa inglese impegnata nel paese africano, ha riferito alcuni giorni fa che molte famiglie sono ormai costrette a dare da mangiare ai loro bambini foglie ed erba per tenerli in vita. E il peggio deve quasi certamente ancora venire, se è vero che tra giugno e ottobre si verifica tanto la peggiore penuria di derrate alimentari perché il raccolto è ancora lontano, quanto il picco di incidenza di malattie come diarrea e malaria.A questo punto, segnalano sia le Nazioni Unite sia Msf, la prima cosa da fare è organizzare la distribuzione gratuita di cibo nelle aree più colpite dalla carestia. Un’operazione che però il governo del paese ha finora rifiutato di fare, preferendo tutelare un mercato dei prodotti agricoli già messo in ginocchio da siccità da un lato e speculazione dall’altro. Secondo Jean-Hervé Jezequel, antropologo del Centro di Studi Africani dell’Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales di Parigi, la crisi alimentare in Niger è in parte da imputarsi alle stesse modalità di gestione delle politiche dello sviluppo e della sicurezza alimentare. In una lunga intervista pubblicata sul sito di Msf Jezequel, appena rientrato da un viaggio di due settimane in Niger, mette in evidenza il paradosso di una politica, sostenuta tanto dal governo di quel paese quanto dai grandi donatori internazionali, che “sceglie di abbandonare le popolazioni di oggi, pretendendo di occuparsi della protezione delle generazioni future” e “privilegia il lungo termine rispetto al breve, lo sviluppo rispetto all’assistenza, il mercato rispetto al servizio pubblico”. Ancora all’inizio di giugno, il governo del Niger ha chiarito che pur riconoscendo l’emergenza non avrebbe organizzato alcuna distribuzione gratuita di cibo, guadagnandosi tra gli altri il plauso dell’ambasciatore francese per una “politica di non destabilizzazione dei mercati”. In ogni caso, il governo del Niger non pare in grado di fare fronte all’attuale deficit di risorse alimentari, quantificato in 223.000 tonnellate di cereali solo per quest’anno. Servono aiuti dall’estero, e in fretta. Ma dei 18 milioni di dollari richiesti in maggio dall’ufficio di coordinamento per gli affari umanitari delle Nazioni Unite, finora se ne sono visti solo 3,8.

Nicola Nosengo

Scrittore e giornalista. Dopo essersi laureato in Scienze della Comunicazione all'Università di Siena ed aver frequentato il Master in Comunicazione della Scienza alla Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati di Trieste, si dedica al giornalismo scientifico, scrivendo articoli sulla tecnologia, sulle neuroscienze e sulla medicina. Pubblica nel 2003 il suo primo lavoro L'estinzione dei tecnosauri, in cui parla di tutte le tecnologie che non sono sopravvissute allo scorrere del tempo. Attualmente tiene una rubrica mensile sulla rivista Wired dedicata allo stesso tema.Tra il 2003 e il 2007 collabora con diverse redazioni come L'espresso, La Stampa, Le Scienze, oltre che aver partecipato alla realizzazione dell'Enciclopedia Treccani dei Ragazzi.Nel 2009 ha pubblicato, con Daniela Cipolloni, il suo secondo libro, Compagno Darwin, sulle interpretazioni politiche della teoria dell'evoluzione.

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