Categorie: Salute

Congedo parentale, uno spartiacque nel mondo del lavoro

Un periodo di congedo parentale retributio che copra tutto il primo anno di vita del bambino aumenta la probabilità di una madre di tornare a lavoro. A sottolineare l’importanza del periodo di sospensione dal lavoro post-maternità per la presenza femminile nel mercato del lavoro è Chiara Pronzato del Centro Dondena dell’Università Bocconi di Milano, in uno studio in corso di pubblicazione sulla rivista Review of the economics of the household.

La direttiva comunitaria fissa soltanto i termini minimi dei congedi di maternità e parentale (rispettivamente quattordici settimane e tre mesi), lasciando alle legislazioni dei singoli stati la possibilità di prolungare, in maniera retribuita o meno, il periodo di sospensione dal lavoro. La situazione varia quindi notevolmente da paese e paese. Per capire in quale misura questo avvenga, Pronzato ha analizzato i dati dell’European Community Household Panel, disponibili per dieci nazioni dell’Unione Europea: Italia, Grecia, Spagna, Portogallo, Francia, Belgio, Austria, Regno Unito, Danimarca e Finlandia. 

Come era logico aspettarsi, la percentuale di madri che tornano a lavoro immediatamente dopo la fine del congedo è più alta laddove questo è più breve e non retribuito, probabilmente per il bisogno di uno stipendio e per la paura di non trovare un’altra collocazione. In Italia, dove sono previsti sei mesi di congedo retribuito al trenta per cento, il 25 per cento delle donne rientra a lavoro dopo i primi quattro mesi di vita del bambino. Per confronto, in Austria, dove il congedo è interamente retribuito e dura 18 mesi, solo il 22 per cento delle donne torna a lavoro allo scadere del tempo minimo stabilito, mentre in Portogallo, dove è concesso un periodo di soli tre mesi non pagati, si sale al 60 per cento.

Il dato più importante che emerge dalla ricerca è però un altro: un congedo parentale lungo almeno un anno e retribuito aumenta la probabilità di ritorno della madre nel mondo del lavoro, riduce il tasso di mortalità dei neonati e ha effetti positivi sulla salute e sul benessere psico-cognitivo del bambino.

Secondo la studiosa, inoltre, ancora troppo poco si sta facendo per incentivare il congedo dei padri, non solo in Italia: se le condizioni fossero paritarie, le interruzioni di carriera riguarderebbero anche la popolazione maschile e non costituirebbero un ostacolo per le donne al momento dell’assunzione, come ancora accade. (c.v.)

Riferimenti: Review of the economics of the household Doi:10.1007/s11150-009-9059-4

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