Dollari e bit

Rivoluzione nel mondo del commercio, o soltanto tanto rumore per un fenomeno ancora limitato? Secondo Alessandra Colecchia, economista dell’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), il commercio elettronico, nonostante abbia appena quattro anni di vita, ha la potenzialità di alterare radicalmente l’economia. Ma ci vorrà tempo. In occasione del convegno E-commercing 99 a Milano, Colecchia ha esposto, cifre alla mano, i dati e le stime dell’Ocse. “Siamo di fronte a un fenomeno del quale, per il momento, colpiscono non tanto le dimensioni, quanto l’impressionante velocità di crescita. Il volume d’affari del commercio elettronico, su scala globale, è destinato a passare dagli attuali 26 miliardi di dollari a circa 330 miliardi di dollari per il 2001-2002, fino a toccare i mille miliardi per il 2003-2005. Nei sette paesi Ocse, oggi in rete avviene solo lo 0,5 per cento delle vendite totali al dettaglio, ma raggiungeremo il 15 per cento nel 2003-2005. Il tasso di incremento annuale è del 200 per cento: un dato imponente. Nel 1998 l’industria della tecnologia dell’informazione ha generato l’8 per cento del Pil degli Stati Uniti, ma il suo contributo alla crescita economica è stato pari a quasi il 15 per cento del Pil”.

Dati impressionanti, dunque, anche se ancora una volta il Vecchio Continente è in ritardo. Quattro quinti delle transazioni su Internet avvengono negli Stati Uniti, mentre l’Europa occidentale, dove dominano Inghilterra e paesi nordici, rappresenta appena il 10 per cento. Perché questo ritardo? “Gli impedimenti maggiori sono i costi più alti, la lentezza delle linee telefoniche e la scarsa liberalizzazione delle telecomunicazioni”, spiega Colecchia. Ma per il futuro lo scenario si fa più roseo: “Il predominio americano è destinato a ridursi al 60-70 per cento, e per l’Italia, dove nel biennio 96-97 il commercio elettronico ha mosso non più di un milione di dollari, nel 2000-2001 prevediamo un aumento fino a quasi quattro miliardi di dollari”.

In ogni caso, per l’80 per cento l’e-commerce è dominato dalle transazioni fra imprese. Le vendite al dettaglio sono ancora limitate a non più del 20 per cento. Una situazione destinata a durare, perché lo sviluppo del commercio elettronico nelle imprese è spinto dalla riduzione dei costi di transazione, con il conseguente aumento in produttività, e dalle pressioni delle grandi aziende, che tendono a integrare i fornitori nei loro sistemi di commercio elettronico. Nel caso del ‘business to consumer’, invece, accanto a vantaggi come le maggiori possibilità di scelta, il risparmio sui prezzi, la personalizzazione e la praticità degli acquisti on-line, esistono ancora diversi ostacoli: sicurezza dei pagamenti, privacy dei dati personali, difficoltà di accesso al mercato online. Una conferma di questo quadro viene anche dalle tipologie di prodotti che si venderanno maggiormente online: servizi finanziari, software, intrattenimento, libri, hardware.

Gli alti tassi di sviluppo del commercio elettronico si spiegano con la sua convenienza per le imprese. “Grazie a Internet”, continua Colecchia, “un’impresa virtuale può ridurre di molto i suoi costi variabili: quelli per lo stoccaggio del materiale (qui fa scuola la Dell, che assembla i suoi computer su ordinazione e ha praticamente eliminato le proprie scorte, riducendo i prezzi del 10 per cento), dei processi di vendita e di assistenza post-vendita. Per non parlare della distribuzione, con riduzioni da un minimo del 50 per cento per le assicurazioni fino al 99 per cento per la distribuzione del software”. A giovarne sarà l’efficienza del sistema economico, con un incremento in produttività fino allo 0,7 per cento, a fronte di un tasso di crescita su base annuale della produttività nelle economie del G7 dello 0,7 per cento negli ultimi venti anni. Gli effetti della riduzione dei costi variabili sui prezzi, invece, dipendono dalla presenza di sufficiente concorrenza. Finora una riduzione nei prezzi si è avuta solo in pochi settori, come l’intermediazione finanziaria.

Nelle previsioni dell’Ocse, il commercio elettronico dovrebbe produrre effetti rilevanti sulla struttura del mercato, incoraggiando un’organizzazione delle imprese flessibile e aperta, e favorendo la creazione di alleanze strategiche su scala globale. Potrebbe essere la stessa natura della concorrenza a cambiare, con maggiori possibilità di ingresso nel mercato per i nuovi attori, e vantaggi per i ‘first mover’: “La competizione basata sul Web seguirà tre tipi di strategia: l’affermazione sul mercato di nuovi standard tecnologici, la disponibilità di informazioni sui clienti, la ricerca di nicchie di mercato. Un ruolo cruciale potrebbero giocarlo le comunità virtuali, individui con interessi e caratteristiche comuni, vista l’importanza per le imprese delle informazioni sui potenziali clienti”.

Ma non è tutto. Per esempio, che effetti avrà l’e-commerce sul numero di posti di lavoro? “Alcune attività dovrebbero registrare un aumento di occupazione, specie nel breve termine, quando il commercio elettronico andrà ad affiancarsi a quello tradizionale. In una fase successiva ci sarà un effetto negativo di sostituzione: le attività on-line potrebbero sostituire quelle tradizionali. Ma altri punti cruciali sono l’integrazione fra commercio elettronico e attività come l’intermediazione finanziaria, la creazione di nuovi prodotti e nuovi mercati, estendendo i confini di quelli tradizionali”. Alla fine gli effetti sull’occupazione dovrebbero essere positivi: “Uno studio dell’Ocse sugli Stati Uniti prevede un incremento netto dell’occupazione dell’1,18 per cento fra 1997 e 2006, con punte nella produzione di software (+ 8,70 per cento), di intrattenimento e contenuti multimediali (+2,81 per cento), dei servizi Internet (+ 2,76 per cento), dell’intermediazione finanziaria (+2,52 per cento), mentre altri settori, come i servizi postali e le agenzie di viaggi, saranno particolarmente colpiti”.

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