Categorie: Salute

Ebola, l’allarme è internazionale

“La più spaventosa epidemia di ebola della storia”. È così che Keiji Fukuda, vice direttore generale dell’Organizzazione Mondiale della Sani, ha definito l’emergenza scoppiata in Guinea nelle scorse settimane. Il virus, che appartiene al ceppo più letale della malattia, ha già ucciso 101 persone nello stato africano, facendo registrare casi sospetti anche in Mali, Ghana e Sierra Leone. A preoccupare, in particolare, è l’arrivo del virus a Conakry, città con oltre un milione di abitanti, che ospita anche un aeroporto internazionale.

Fino ad oggi le epidemie di ebola avevano sempre colpito piccoli villaggi situati in remote zone rurali, limitando di fatto la diffusione della malattia. Il virus è infatti estremamente contagioso, e avendo ora raggiunto un grande centro abitato, si fa alta l’attenzione delle autorità sanitarie e dell’Oms. Il rischio è che il contagio si propaghi a vista d’occhio, e che il virus possa farsi strada anche fuori dal continente africano.

I voli dalla Guinea all’Europa non sono ancora stati bloccati, e anche se tutti i passeggeri in partenza dagli aeroporti della nazione africana vengono visitati prima dell’imbarco, negli aeroporti europei di Parigi, Bruxelles, Madrid, Francoforte e Lisbona, principali scali dei voli provenienti dall’Africa, è già scattato l’allarme rosso. Secondo l’Amci, Associazione dei Microbiologi Clinici Italiani, anche nel nostro Paese è tempo di mettere in piedi strategie di prevenzione adeguate.

“Sarebbe bene che anche l’Italia iniziasse ad attivare misure di attenzione negli aeroporti e nei centri di prima accoglienza. La rete dei laboratori di microbiologia clinica in Italia comprende alcuni centri di riferimento con strutture di alto isolamento e capacità tecniche di diagnosticare queste patologie”, spiega il presidente dell’associazione Pierangelo Clerici. “Purtroppo questa volta il virus non si è fermato ai villaggi rurali, ma ha iniziato a diffondersi in un grande centro urbano dove vivono due milioni di persone e si tratta del ceppo piu’ aggressivo (ceppo Zaire). L’isolamento dei casi non basta, e’ fondamentale tracciare la catena di trasmissione”.

Il periodo di incubazione del virus si aggira tra i due e i 21 giorni. Dovranno trascorrere quindi 42 giorni senza che venga individuato alcun nuovo caso, prima di poter dichiarare l’epidemia sotto controllo. Uno scenario che per ora, purtroppo, sembra ancora lontano. “Ci aspettiamo che saremo impegnati con questa epidemia per i prossimi due, tre, quattro mesi, prima di stare tranquilli”, ha spiegato infattiFukuda.

Credits immagine: European Commission DG ECHO/Flickr

Redazione Galileo

Gli interventi a cura della Redazione di Galileo.

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