In un articolo appena pubblicato sull’American Journal of Human Genetics, i ricercatori dell’NYU Langone Medical Center (New York) presentano i risultati di un’analisi genomica che mostra come le ripetute migrazioni delle popolazioni ebraiche non abbiano impedito loro di mantenere non solo le tradizioni culturali e religiose, ma anche una “coerenza genetica”.
Studi basati sul gruppo sanguigno avevano già suggerito una provenienza geografica comune a tutta la popolazione ebraica. Secondo Harry Ostrer, professore di pediatria, patologia e medicina all’NYU Langone Medical Center, la ricerca appena pubblicata conferma queste prime osservazioni: la diaspora, nei secoli, ha accentuato i tratti genetici distintivi di ciascun gruppo di individui, ma le diverse popolazioni condividono comunque numerose sequenze di Dna.
L’équipe di Ostrer ha effettuato un’analisi del genoma di ebrei iraniani, iracheni, siriani, italiani, turchi, greci e aschenaziti. I risultati ottenuti sono stati quindi messi a confronto con i dati relativi a individui non ebrei. I ricercatori hanno così individuato, nelle varie popolazioni ebree, una comune radice medio-orientale intrecciata con un’influenza genetica variabile di origine europea e nordafricana. Queste influenze rivelano alcune tappe della storia della comunità. Per esempio, la componente nordafricana presente negli ebrei sefarditi testimonia un probabile intreccio genetico che coinvolse i Mori e il popolo ebreo nella Spagna tra il 711 e il 1492. All’interno di ogni gruppo, inoltre, è possibile trovare un elevato grado di parentela genetica tra una qualsiasi coppia di individui. Nel caso degli aschenaziti, la parentela osservata è simile a quella che intercorre tra due cugini di quinto grado.
Questo studio è parte del Jewish HapMap Project, e si inserisce in un percorso cominciato con la mappatura del genoma umano e proseguito con lo Human HapMap Project, finalizzato a individuare le variazioni genetiche di maggior rilievo nelle popolazioni di Europa, Asia dell’Est e Africa Occidentale. (g.d.)
Riferimento: American Journal of Human Genetics
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