I batteri diventano sempre più astuti, aggirano i farmaci e sferrano attacchi incontrollabili: la causa è l’eccessivo consumo di antibiotici ad ampio spettro, fluorochinoloni, come il Cipro. La denuncia arriva da Joseph Guglielmo, docente di farmacia clinica e direttore del programma della rassegna antimicrobica al Centro Medico UCSF, in occasione del convegno annuale di San Diego sugli agenti antimicrobici e la chemioterapia. Le sue valutazioni si basano su una raccolta di dati di 13000 americani ricoverati per polmonite. Guglielmo ha constatato che, una volta dimessi, al 35 per cento dei pazienti venivano somministrati fluorochinoloni anche quando erano sufficienti antibiotici a spettro d’azione ridotto. Le conseguenze di questa prassi diffusa si fanno sentire, infatti, ammette lo stesso ricercatore, i batteri causa d’infezioni ai tratti urinari e quelli associati con la fibrosi cistica, oggi trattati solo con fluorochinoloni, diventano più difficili da curare. I dati parlano chiaro: Escherichia coli, agente delle infezioni più gravi alla vescica, è passato da una suscettibilità ai fluorochinoloni del 95 per cento ad una del 79 per cento in cinque anni. Ancora più allarmante il caso delle infezioni legate alla fibrosi cistica, Cipro è il solo farmaco in pillole per combattere gli Pseudomonas Aeurginosa, batteri presenti nel suolo e nell’aria che causano brocopolmoniti, meningiti, ustioni e infezioni alle vie urinarie: per questo, che è tra i più pericolosi agenti infettivi associati alla fibrosi, la sua efficacia è scesa dal 95 per cento al 62 per cento, dal 1992. L’avvertenza è quindi di usare più cautela nella somministrazione dei fluorochinoloni. (p.m.)
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