Il governo egiziano vuole cacciare centinaia di botteghe, scuole, uffici e abitazioni private fuori dal centro storico del Cairo per trasformare tutta l’area in un enorme museo all’aperto. Il progetto è pronto da un anno, realizzato in collaborazione con il Development Program delle Nazioni Unite. Ma ha preso avvio solo il mese scorso, dopo che da un mucchio di rifiuti si è sviluppato un incendio che ha distrutto il palazzo settecentesco di Musafir Khanna. Nella capitale egiziana le minacce dell’incuria moderna alle bellezze medievali non si contano: dalle pile di cassette per il cibo in legno (facilmente infiammabili) che affollano i cortili dei palazzi cinquecenteschi, alle infiltrazioni da vecchie condutture d’acqua che erodono le fondamenta degli edifici antichi, al traffico sempre più caotico che attanaglia tutto il centro storico. “Vogliamo riabilitare l’intera area, palazzi, strade, macchine, ambiente”, spiega il segretario generale del Consiglio Supremo per le Antichità Gaballah Ali Gaballah. “Professioni non nocive all’ambiente, come il gioielliere o l’ebanista potranno restare”, assicura Gaballah, “ma chi, per esempio, lavora i metalli, dovrà andarsene”. I lavori, che si prevede costeranno nel complesso 250 milioni di dollari, sono iniziati con la costruzione di un tunnel che farà scorrere il traffico lontano dalle moschee Hussein e Ahzar. Ma non è solo il reperimento di fondi l’ostacolo maggiore alla realizzazione del progetto. Bisognerà convincere le famiglie che nel centro storico vivono da generazioni a trasferirsi in un’anonima periferia al limite del deserto: “Non mi farò cacciare dal luogo dove lavoro per sfamare i miei bambini”, dice sconsolato un fabbro. “Forse che i monumenti e i turisti sono più importanti della vita dei cittadini?” (c.d.m.)
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