Ho un feeling con il mio Pc

Nella prima parte di questo secolo, la rete elettrica ha alimentato le macchine che ci hanno liberato dai lavori fisici pesanti. Negli ultimi decenni, i computer collegati in rete sono diventati insostituibili per molte operazioni logiche e lavori intellettuali. All’inizio del prossimo secolo si svilupperanno nuove reti, per nuove macchine in cui gli aspetti fisici e logici saranno integrati e armonizzati con quelli emozionali. Infatti molti processi mentali importanti hanno a che fare con esperienze soggettive e non razionali: le emozioni, la sensibilità, il “feeling”. Tutto questo, in giapponese, viene tradotto con la parola “kansei”. E’ possibile introdurre anche nel rapporto uomo-macchina quegli elementi “sfuggenti”, ma tanto importanti nei rapporti uomo-uomo come l’intonazione di voce o l’espressione di uno sguardo? E’ proprio di questo che si occupa l’ultima frontiera della tecnologia dei computer: il “Kansei information processing”.

“La società postindustriale sarà una società Kansei”. Shuji Hashimoto, del Dipartimento di fisica applicata della Waseda Univerity, è perentorio nelle sue previsioni. E che non si tratti di uno dei tanti futuribili scenari immaginati dagli scienziati, lo dimostrano le ingenti risorse messe a disposizione dal governo giapponese. Due progetti triennali e un piano in cui convergono le conoscenze di intelligenza artificiale, realtà virtuale e kansei sono stati infatti finanziati dal ministero dell’Educazione e dal ministero dell’Industria e del Commercio estero nipponici. Anche l’Unione europea si è mossa in questa direzione con il progetto Multimodal Interaction for Advanced Multimedia Interfaces. Per tutti l’obiettivo è sostituire le macchine attuali, con cui comunichiamo attraverso le tastiere, gli schermi e i mouse, con macchine più “umane” che capiscano anche i gesti o le espressioni del viso.

Poche settimane fa, i maggiori esperti al mondo nel settore si sono dati appuntamento per il convegno “Kansei, technology of emotion”. Il workshop, organizzato dal Laboratorio di informatica musicale dell’Università di Genova e dall’Associazione di informatica musicale del teatro Carlo Felice ha permesso di fare il punto della situazione e presentare le ultime ricerche.

Come, per esempio, quelle di Tsotomu Ohoashi dell’Atr Human Information Processing Research Labs che ha studiato i complessi – e inaspettati – meccanismi del cervello durante l’ascolto. Il suo team ha scoperto che la musica ricca di ultrasuoni, che il nostro orecchio non può udire, aumenta l’attività cerebrale ed è ritenuta più piacevole rispetto alla musica che ne è priva. Kenij Suzuki e Shuji Hashimoto della Waseda Universty si sono invece occupati del timbro, una componente fondamentale ma molto sfuggente (molto kansei, direbbe un giapponese…) della percezione musicale. Infatti, a differenza del volume e del tono il timbro non corrisponde a grandezze fisiche misurabili.

Ma kansei non significa solo Giappone. In Italia Giovanni de Poli e altri ricercatori dell’Università di Padova sono riusciti a “distinguere” un medesimo pezzo per violino eseguito via via in modo “brillante”, “soft”, “cupo” e così via. E ora agli studi per misurare il kansei cominciano ad affiancarsi anche le prime realizzazioni. Per esempio a Genova hanno sperimentato una telecamera o una rete di sensori che rileva i movimenti di una ballerina. Il computer li interpreta, e il partner elettronico (un robottino o un’immagine virtuale) “risponde”. Per ora è spettacolo, ma possibili applicazioni commerciali sono dietro l’angolo. Per questo Telecom Italia finanzia le ricerche sul timbro sonoro. Logico, per una società che deve comunicare con i propri clienti con voci sintetiche. Di sicuro chiare, ma tutt’altro che ricche di kansei.

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