Salute

I danni dell’uranio impoverito

L’uranio impoverito delle armi usate nella guerra del Golfo e dei conflitti in Kosovo mette a rischio gli uomini e l’ambiente. È quanto afferma uno studio della britannica Royal Society. Il materiale radioattivo presente in alcune testate utilizzate in questi conflitti potrebbe aver provocato seri danni ai reni di alcuni soldati e causare a lungo termine una contaminazione ambientale. Circa 200 reduci della guerra del Golfo, in gran parte statunitensi, dicono i ricercatori, hanno respirato abbastanza polvere da riportare danni ai reni. E anche un imprecisato numero di iracheni potrebbero essere stati contaminati. “Tuttavia”, spiega Brian Spratt dell’Imperial College di Londra, capo del gruppo di ricerca, “la maggioranza dei soldati non è stato esposto a livelli di uranio tali da essere a rischio di effetti tossici”.

I ricercatori, comunque, sostengono la necessità di sviluppare accurati test che accertino i livelli di uranio nell’urina ed esaminino i casi sospetti. A rischio, secondo quanto si legge nello studio, sarebbe anche l’ambiente: il 70-80 per cento di tutte le armi all’uranio impoverito impiegate nei due conflitti, di cui 250 tonnellate solo nell’area coinvolta nella guerra del Golfo, sarebbe rimasto nel sottosuolo.

Oltre rappresesentare un pericolo per gli esseri umani che vi passano sopra, con il passare del tempo, a causa della corrosione i detriti potranno rilasciare grandi quantità di uranio nel suolo, contaminando così piante e animali e inquinando le falde acquifere. “Rimuovere quei detriti è impossibile perché è sconosciuta la loro esatta collocazione”, afferma Barry Smith, studioso di inquinamento al British Geological Survey di Nottingham. “Per questo è indispensabile un monitoraggio a lungo termine di questi siti per valutare le future conseguenze”. (r.p.)

Roberta Pizzolante

Giornalista pubblicista dal 2005, è laureata in Sociologia e ha un master in "Le scienze della vita nel giornalismo e nei rapporti politico-istituzionali" conseguito alla Sapienza. Fa parte della redazione di Galileo dal 2001, dove si occupa di ambiente, energia, diritti umani e questioni di rilevanza etica e sociale. Per Sapere, bimestrale di scienza, si occupa dell'editing e della ricerca iconografica. Nel corso negli anni ha svolto vari corsi di formazione e stage nell'ambito della comunicazione (Internazionale, Associated Press, ufficio stampa della Sapienza di Roma, Wwf Italia). Ha scritto per diverse testate tra cui L'espresso, Le Scienze, Mente&Cervello, Repubblica.it, La Macchina del Tempo, Ricerca e Futuro (Cnr), Campus Web, Liberazione, Il Mattino di Padova. Dal 2007 al 2009 ha curato l'agenda degli appuntamenti per il settimanale Vita non Profit.

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