Spazio

Saturno fotografato da Hubble e le altre immagini di scienza della settimana

Il Signore degli anelli così non lo avevamo mai visto: lo ha fotografato Hubble lo scorso 20 giugno, quando Saturno si trovava alla minima distanza dalla Terra, a più di un miliardo di chilometri di distanza. Un’immagine splendida, dall’aura metafisica, in cui il gigante gassoso appare circondato dagli anelli e dalle sue 62 lune. E in cui è possibile scorgere anche il misterioso esagono al polo Nord, ripreso per la prima volta dalla sonda Cassini nel 2007.L’immagine diffusa dalla Nasa e dall’Esa fa parte del programma scientifico Outer Planet Atmospheres Legacy (Opal), per studiare come cambia l’atmosfera dei giganti gassosi.

La supercorazza dei draghi di Komodo

In arancione sono evidenziate le placche ossee che ricoprono il cranio del drago di Komodo. The University of Texas at Austin / Jackson School of Geosciences.

Sono tra i più pericolosi predatori al mondo, enormi, fulminei, con un morso velenoso. E sono dotati anche della corazza più robusta tra i rettili: un osteoderma particolarmente spesso, come hanno scoperto i ricercatori della University of Texas di Austin con uno studio pubblicato su The Anatomical Record. Ma a cosa serve ai draghi di Komodo questa corazza, visto che sono praticamente privi di predatori naturali? I ricercatori americani pensano di avere la risposta: per difendersi dai propri simili nelle contese che si verificano quando, da adulti, assumono abitudini più sociali, per così dire.

Il diamante c’è ma non si vede

Credit foto: R. Capanna, A. Berlato, and A. Pinato

Nero come il carbone si diceva una volta. Ma oggi si può fare di più: è 10 volte più nero di qualunque altra cosa il materiale presentato su ACS-Applied Materials and Interfaces da un team di ricercatori del Mit di Boston. E’ formato da fibre di nanotubi di carbonio allineate verticalmente, capaci di assorbire il 99,96 percento della luce incidente Per mostrarlo al mondo, l’artista Diemut Strebe lo ha applicato su un diamante da 16,78 carati, riuscendo a “oscurare” del tutto la gemma: nella foto (a destra) le facce splendenti del poliedro appaiono come una superficie bidimensionale, completamente nera.  

Amazzonia, così si uccide una foresta

Credit: University of Helsinki

Tagliare e bruciare, per far spazio a pascoli e campi coltivati: una pratica umana che va avanti da 10 mila anni e che ora sta cancellando la più grande foresta pluviale del pianeta. Gli incendi di origine antropica stanno infatti frammentando l’Amazzonia in aree sempre più piccole, modificando profondamente il clima e compromettendo così la possibilità di recupero della foresta, come racconta in questo video il naturalista Eduardo Maeda dell’Università di Helsinki, che in Amazzonia studia cosa succede a livello climatico ed ecologico dopo il passaggio delle fiamme.

Marina Bidetti

Giornalista e cofondatrice di Galileo servizi editoriali

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