Categorie: Salute

Inseguendo un’utopia

Dopo 18 anni di vaccinazioni di massa, più di quattro miliardi di dollari spesi nelle campagne internazionali di eradicazione, superate tutte le scadenze che erano state fissate e fallito l’obiettivo per il nuovo millennio, quando il mondo si sarebbe dovuto svegliare senza che più un bambino fosse colpito dall’enterovirus, è ancora realistico credere che la poliemielite possa essere debellata? All’Organizzazione mondiale della sanità le speranze cominciano a vacillare. Per alcuni dei maggiori esperti dei programmi antipolio dell’Oms, come Isao Arita, Miyuki Nakane e Frank Fenner, che questa settimana firmano un disincantato articolo su Science, è il momento di fare un bilancio. E ammettere che qualcosa non è andato come sperato. Nel 2006 la poliomielite non è stata eliminata. Anzi, azzardano, probabilmente non lo sarà mai del tutto, anche se nessuno può prevedere con certezza come andrà a finire. Quando nel 1988 l’Oms lanciò il programma globale di eradicazione della polio, pochi dubitavano dell’esito finale, visti i successi ottenuti grazie al vaccino orale trivalente Sabin introdotto nel 1962, che aveva permesso di ridurre drasticamente i casi di malattia in gran parte del pianeta. La fiducia nelle capacità della medicina era pressoché totale: dopo tutto, il mondo aveva già eradicato il vaiolo (l’ultimo caso risale al 1977). Perché non avrebbe potuto fare altrettanto con la poliomielite? Il termine ultimo stabilito era il 2000. Dopodiché la polio, come il vaiolo, sarebbe dovuto essere solo un brutto ricordo. Nel 2000 restavano ancora 23 nazioni con casi di poliomielite, in 9 delle quali la malattia era endemica. Certamente, i vantaggi della campagna erano stati enormi: dopo 12 anni di vaccinazioni a tappeto, si era passati da 350.000 persone infettate a meno di un migliaio. Ma finché il virus restava il circolazione, il traguardo non poteva dirsi raggiunto. Intensificare gli sforzi per eradicare la polio non è servito. Nel 2005 i casi di poliomielite sono stati 1948, il numero più alto registrato dopo il 1999 e c’è da aspettarsi anche di peggio per quest’anno. Da gennaio a marzo 2006, secondo i dati dell’Organizzazione mondiale della Sanità, 91 persone sono state colpite dal virus, contro le 53 nello stesso periodo dell’anno passato. Il problema riguarda soprattutto i paesi in via di sviluppo, dove le scarse condizioni igienico-sanitarie offrono al virus un terreno fertile dove proliferare. In Nigeria, la nazione africana con il maggior numero di abitanti, si è toccato un picco drammatico nel 2003-2004, quando la circolazione di una falsa notizia che i vaccini anti-polio erano contaminati dal virus Hiv o da ormoni per sterilizzare le ragazze mussulmane, portò a sospendere tutte le vaccinazioni. Alla fine del 2004, il numero di bambini infettati, circa 800, era più che raddoppiato. L’epidemia si diffuse anche in altri paesi dell’Africa sub-Sahariana, come Somalia, Niger, Yemen. Il virus resta tuttora circolante anche in Pakistan, in Afghanistan e in Indonesia. Ma perché con la poliomielite non è andata come per il vaiolo, l’unica malattia che può dirsi davvero eradicata? Gli studiosi hanno individuato diverse cause. A differenza dell’infezione di vaiolo, che dà segni clinici evidenti ed inequivocabili, per ogni caso di paralisi da polio ci sono circa 100-200 casi “invisibili” che rendono difficilmente controllabile la diffusione del patogeno. Ci sono persone immunocompromesse che possono nascondere il virus per anni, senza mostrare alcun sintomo. Il vaccino, inoltre, richiede 5-6 dosi per dare protezione, mentre per l’anti-vaiolo era sufficiente una sola somministrazione. Gli epidemiologi inoltre sospettano che che il vaccino potrebbe non funzionare nei bambini già infettati da un altro enrerovirus intestinale. Altro ostacolo potrebbe essere la diarrea, che impedirebbe al vaccino di restare nell’organismo abbastanza a lungo da dare un effetto immunitario.È quindi tempo di alzare bandiera bianca e ammettere la sconfitta? No. La poliomielite rimane una delle priorità sanitarie nei programmi di sviluppo dell’Oms. Ma secondo gli esperti è più ragionevole cambiare strategia e tenere i piedi per terra. Concentrare massicci sforzi per raggiungere un “controllo efficace” della malattia, invece che puntare a debellarla. La sua eradicazione resta auspicabile, ma per il momento si è rivelata un’illusione.

Daniela Cipolloni

Daniela Cipolloni è giornalista scientifica freelance. Scrive per il settimanale Oggi ed è redattrice del sito dell'Agenzia Spaziale Italiana. Ha lavorato nella redazione di Galileo e Zadig Roma, collaborando per numerose testate tra cui L'espresso, Le Scienze, Mente & Cervello, Il Messaggero. È stata docente al Master in comunicazione della scienza della Sissa di Trieste. Nel 2009 ha scritto il libro "Compagno Darwin. L’evoluzione è di destra o di sinistra?" (Sironi) insieme a Nicola Nosengo.

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