La luce intrappolata per un minuto

L’idea di stoppare qualcosa che si muove alla stratosferica velocità di 300mila chilometri al secondo potrebbe sembrare piuttosto azzardata, eppure un team di ricercatori guidati da Georg Heinze della Technische Universität Darmstadt è riuscito a fermare la luce per un minuto, un record. Come siano riusciti a raggiungere un risultato del genere, che potrebbe accelerare lo sviluppo di reti quantistiche per le lunghe distanze, lo spiegano gli scienziati sulle pagine di Physical Review Letters.

I tentativi di rallentare e quindi arrestare completamente la luce si susseguono da un po’. Per riuscire nell’impresa gli scienziati tedeschi hanno utilizzato una tecnica nota come trasparenza elettromagnetica indotta (electromagnetically induced transparency, Eit). Semplificando, i ricercatori hanno usato un cristallo opaco contro cui hanno sparato un raggio laser in grado di innescare reazioni tali da renderlo trasparente. Successivamente sullo stesso cristallo (ora trasparente) è stato sparato un altro fascio di luce, e quindi il primo raggio laser è stato spento, facendo tornare il cristallo opaco. Come racconta Extreme Tech la luce è stata quindi intrappolata all’interno del cristallo, dove, data l’opacità, non poteva neanche rimbalzare. Di fatto è come se fosse stata fermata.

Una volta intrappolata la luce, l’energia trasportata da questi fotoni (e i dati da questi veicolati) è stata catturata dagli atomi del cristallo, convertita in eccitazione degli spin, per essere quindi restituita come luce una volta che il cristallo fosse diventato di nuovo trasparente. Gli scienziati hanno usato questa trappola, racconta il NewScientist, per imprigionare e recuperare un’immagine di tre linee luminose per 60 secondi, dimostrando come il sistema messo a punto possa funzionare come una memoriaottica. Sebbene per un tempo limitato: infatti, le caratteristiche del cristallo fanno sì che gli spin possano mantenere la coerenza (proprietà fisica), e quindi le informazioni trasportate, solo per una sessantina di secondi, dopo i quali l’impulso luminoso si disperde.

Lo studio fa ben sperare per la creazione di reti quantistiche capaci di operare su lunghe distanze. Anche perché, concludono gli scienziati, potrebbe essere possibile ottenere tempi di storage più lunghi con diversi cristalli.

Via: Wired.it

Credits immagine: rolfekolbe/Flickr

Anna Lisa Bonfranceschi

Giornalista scientifica, a Galileo Giornale di Scienza dal 2010. È laureata in Biologia Molecolare e Cellulare e oggi collabora principalmente con Wired e La Repubblica.

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  • Mi ricorda molto il "vetro lento" di Bob Shaw, in un romanzo di fantascienza anni 60/70 dal titolo "Altri giorni, altri occhi". Una bella intuizione.

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