Uno scudo contro il cancro al fegato. Un tumore di cui resta ancora in gran parte sconosciuto il meccanismo molecolare e che fa registrare ogni anno 400 mila nuovi casi in tutto il mondo. Lo hanno scoperto i ricercatori della Mouse Biology Unit dell’European Molecular Biology Laboratory (Embl) di Monterotondo insieme ai colleghi dell’Università di Colonia in Germania.
Nel complesso insieme di segnali cellulari che proteggono le cellule del fegato dalle mutazioni e dalla morte una molecola gioca un ruolo particolarmente importante, la proteina NF-kB. Il suo compito è quello di emettere dei segnali che aiutano la cellula a sottrarsi all’apoptosi, alla morte programmata. I ricercatori dell’Embl, guidati da Manolis Pasparakis, hanno modificato geneticamente dei topi in modo che nel loro organismo questa molecola fosse inattivata.
In particolare, come scrivono su Cancer Cell, hanno disattivato il gene chiamato Nemo, indispensabile per l’attivazione della NF-kB. “I topi prima hanno sviluppato una condizione simile a quella dell’epatite nell’essere umano e successivamente il tumore”, ha spiegato il ricercatore. “Questo ci suggerisce che Nemo e NF-kB proteggono il fegato e possono agire come degli oncosoppressori”.
Vista l’inibizione del segnale dovuto alla NF-kB, negli animali geneticamente modificati non solo le cellule epatiche hanno cominciato a morire – da cui lo sviluppo dell’epatite – ma si è innescato un meccanismo compensatorio: per riparare la perdita le cellule hanno cominciato a riprodursi a un ritmo esagerato. Una situazione di stress e di consumo di energia tale da causare un numero di mutazioni ed errori superiori alla media e quindi lo sviluppo del tumore.
I biologi molecolari conoscevano già la proteina NF-kB, “ma il sistema di segnalazione che parte da questa proteina è estremamente complesso”, ha spiegato Pasparakis. “Molte ricerche saranno ancora necessarie per capire quale sia il punto preciso di questa catena di eventi che possiamo colpire con i farmaci”. (l.g.)
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