Categorie: Spazio

Manda un fotone alla Stazione Spaziale Internazionale

Che succede se due dei settori più intriganti della scienza, la meccanica quantistica e l’esplorazione dello spazio, si incontrano? Lo scenario che hanno prospettato gli scienziati dell’Institute of Physics e della Deutsche Physikalische Gesellschaft sulle pagine del New Journal of Physics sembra molto interessante: inviare dei fotoni dalla Terra alla Stazione Spaziale Internazionale (Iss) per studiare le proprietà quantistiche della materia.

In particolare, gli scienziati vogliono studiare il cosiddetto entanglement, un meccanismo estremamente controintuitivo che coinvolge le coppie di particelle quantistiche identiche. Non è semplicissimo spiegare di cosa si tratta. Sostanzialmente, la meccanica quantistica prevede che le particelle microscopiche come fotoni ed elettroni siano contemporaneamente sia onde che particelle. E, al contrario degli oggetti macroscopici, non si trovano mai in uno stato definito, cioè non è possibile determinarne con esattezza tutte le variabili (per esempio posizione e velocità) che le caratterizzano.

Se tutto questo vi suona già molto strano, l’entanglement è ancora peggio. “È un fenomeno che si verifica quando si creano due particelle quantistiche correlate, cioè strettamente legate tra loro”, spiega Alberto Peruzzo, ricercatore della Bristol University (vedi Galileo: La doppia, strana natura della luce). “Tutti gli oggetti quantistici possono essere singolarmente in una sovrapposizione, o miscela, di stati diversi, e collassano, come si dice in gergo, su uno degli stati, quando vengono osservati. Supponiamo per semplicità che siano possibili due stati, zero e uno. Se si creano due particelle, una diretta a destra e una a sinistra, ad esempio, si ottiene uno stato entangled: in qualsiasi momento si misura una delle due, rivelandone lo stato, istantaneamente e simultaneamente si modifica anche la seconda. Ricapitolando: all’inizio la prima particella è in una miscela indistinta degli stati zero e uno; nel momento in cui la si misura, entrambe le particelle collassano, una sullo stato zero e l’altra sullo stato uno. È un aspetto assolutamente controintuitivo della meccanica quantistica: particelle arbitrariamente lontane tra loro che però sono intrinsecamente collegate; osservandone una, si sa tutto anche dell’altra”.

È proprio sulle parole “arbitrariamente lontane” che hanno intenzione di lavorare i fisici tedeschi. Per verificare se effettivamente l’entanglement possa avere luogo anche su distanze molto grandi, gli scienziati propongono di creare due fotoni sulla Terra e inviarne uno alla Stazione Spaziale Internazionale. Se i fotoni rimarranno “strettamente legati” tra loro anche a questa distanza, pari a circa 500 km, si sarà ottenuta una forte evidenza sperimentale per il principio dell’entanglement.

“Secondo la fisica quantistica, l’entanglement è indipendente dalla distanza”, spiega Rupert Ursin, uno degli autori del lavoro. “La nostra proposta mostrerà per la prima volta che le particelle sono connesse anche su grandi distanze, e ci permetterà anche di valutare potenziali effetti della gravità sull’entanglement quantistico”. Gli scienziati ritengono anche che l’esperimento possa essere utile per gettare le basi per una rete quantistica del futuro, in cui le informazioni sono immagazzinate e trasportate su lunghe distanze dalle velocissime particelle di luce.

Riferimenti: New Journal of Physics doi:10.1088/1367-2630/15/4/043008

Credits immagine: DUCKofD3ATH / Flickr

Sandro Iannaccone

Giornalista a Galileo, Giornale di Scienza dal 2012. È laureato in fisica teorica e collabora con le testate La Repubblica, Wired, L’Espresso, D-La Repubblica.

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