Marijuana per prevenire il diabete?

Occhi rossi, bocca secca, un’espressione un po’ inebetita e qualche occasionale attacco di ridarella. È il ritratto stereotipato del fumatore di marijuana, a cui oggi però va oggi aggiunta un’altra caratteristica: ovvero una bassa insulinemia. Stando ad nuovo studio realizzato da una collaborazione tra diversi centri americani, e pubblicato sulle pagine dell’American Journal of Medicine, l’utilizzo di cannabis diminuirebbe infatti del 16% i livelli di insulina presente nel sangue, proteggendo in questo modo dall’insorgenza di insulinoresistenza e di diabete mellito di tipo 2.

In effetti, negli ultimi anni si stanno accumulando diverse prove dei possibili effetti benefici della marijuana. Negli Stati Uniti ad esempio, dove è fuorilegge già dal 1937, 19 Stati ne permettono ormai l’utilizzo a fini terapeutici, per trattare dolori cronici, effetti collaterali della chemioterapia e nausea. Il consumo a scopo ricreativo però è ancora ben più diffuso: parliamo di circa 17,4 milioni di utilizzatori in America, mentre in Italia, secondo un report delle Nazioni Unite del 2012, a fumare marijuana sarebbe il 14,6% della popolazione.

Nel nuovo studio, i ricercatori americani hanno analizzato i dati relativi a 4.657 volontari che hanno risposto a un questionario sul consumo di droghe tra il 2005 e il 2007. Di questi, 579 hanno dichiarato di essere consumatori abituali, e 1.975 di averla utilizzata in passato ma di avere smesso. I ricercatori hanno verificato l’insulinemia (il livello di insulina presente nel sangue) dei partecipanti con un analisi del sangue eseguita dopo 9 ore di digiuno. Un’alta insulinemia a digiuno, infatti, è collegata allo sviluppo di insulinoresistenza (una bassa sensibilità dell’organismo all’azione di questo ormone), una condizione che può portare allo sviluppo del diabete di tipo 2. La presenza di insulinoresistenza è stata quindi valutata con un test definito homeostasis model assessment of insulin resistance (Homa-Ir).

I risultati dei test hanno dimostrato che i soggetti che avevano fatto uso di marijuana nei mesi precedenti allo studio avevano un’insulinemia più bassa del 16% rispetto a quanti hanno dichiarato di non averne mai fatto uso, e una minore probabilità di sviluppare insulinoresistenza. L’effetto è risultato molto debole nei soggetti che avevano consumato la sostanza per l’ultima volta più di 30 giorni prima delle analisi, un dato che fa supporre che l’effetto della marijuana sull’insulina abbia una durata temporale limitata.

Dallo studio è emersa inoltre un’associazione tra l’utilizza di marijuana e una minore circonferenza dell’addome. “Precedenti studi epidemiologici avevano già dimostrato una minore prevalenza di obesità e diabete mellito negli utilizzatori di marijuana, suggerendo un’associazione tra i cannabinoidi e processi metabolici periferici”, commenta Murray A. Mittleman, ricercatore del Beth Israel Deaconess Medical Center di Boston, tra gli autori dello studio. “Il nostro però è il primo lavoro a dimostrare una relazione tra l’utilizzo di marijuana, l’insulinemia a digiuno e l’insulinoresistenza”.

Sebbene sia dimostrato dagli esperimenti, i ricercatori non sanno ancora spiegare il rapporto esistente tra marijuana, minore grasso corporeo, e minori livelli di insulina. Anche perché, come sa bene chiunque l’abbia utilizzata, fumare la cannabis aumenta l’appetito, e i consumatori abituali hanno infatti un apporto calorico giornaliero maggiore rispetto a chi non ne fa utilizzo.

Riferimenti: America Journal of Medicine doi:10.1016/j.amjmed.2013.03.002

Credits immagine: United States Fish and Wildlife Service

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